Politica

All’Uniter di Lamezia si discute del contributo della Neurochirurgia alle Neuroscienze

LAMEZIA TERME (CZ) 12 DIC -  “Il contributo della Neurochirurgia alle Neuroscienze” è stato il tema centrale di una  conversazione promossa dall’Uniter di Lamezia Terme , presieduta da Costanza Falvo D’Urso. Dopo una breve introduzione del dottore Giovanni Caruso sull’argomento, il professore Giorgio Volpentesta, del Policlinico Mater Domini di Catanzaro, ha relazionato   sulla integrazione della Neurochirurgia con tutte le Neuroscienze che sono l’insieme degli studi scientificamente condotti sul sistema nervoso e richiedono conoscenze di fisiologia, biologia molecolare, biologia cellulare, biologia dello sviluppo, biochimica, anatomia, genetica, biologia evoluzionistica, chimica, matematica e statistica.

«Oggi non è più pensabile – ha  affermato  il professore Volpentesta – che  il neurochirurgo sia   il deus  ex machina del malato, anche se è una figura importante, perché  si deve correlare con il neurologo,  il  neuroriabilitatore,  il neuroradiologo,  il biochimico,  il microbiologo senza pretendere di stare da solo e perciò  si parla fondamentalmente  di scienze traslazionali . Infatti – ha proseguito - bisogna trasportare  le conoscenze da un campo ad un altro per arrivare al miglioramento dello stato dell’ammalato in tutte le sue fasce di età. Oggi  non c’ è più preclusione  all’età delle persone  che si operano anche ad 87 anni». Naturalmente si ricorre alla Neurochirurgia quando si  avverte la necessità dell’intervento chirurgico e non  quella  di terapie conservative.

Per  potersi curare,  il paziente può rivolgersi al medico di base che lo rimanda ad uno specialista che comincia ad interagire con altri specialisti per arrivare alla soluzione del caso. «Nell’ambito della nostra Università – ha dichiarato il professore Volpentesta – esiste questa traslabilità che è il futuro di un nuovo modo di pensare  ma, per fare prevenzione, è necessario ricorrere alla medicina di base». Oggi si sono fatti passi da gigante nella Neurochirurgia che implica la conoscenza di se stessi attraverso l’analisi della letteratura scientifica aprendosi ad innovazioni che consentono di intervenire sul cervello, sulla colonna vertebrale e sui nervi e su altro adottando tecniche moderne e meno invasive.

È possibile, per esempio,  inserire nelle arterie materiali sottilissimi   che vanno ad invadere un  aneurisma  o intervenire  su patologie cardiache acute o su un  ictus ischemico  con strumenti particolari e dare al paziente la possibilità  di tornare ad una vita normale. L’uso di tecniche chirurgiche minimamente invasive stereotassia/chirurgia stereotassica/ neurochirurgia funzionale consentono di curare alcune forme di disturbi del movimento   come la malattia di Parkinson, corea, ballismo-emiballismo atetosi e anche di lenire alcune forme di dolore intrattabile da cancro o trauma del sistema nervoso centrale o periferico, alcune forme di disturbi psichiatrici, embolia cerebrale, malformazioni del sistema nervoso, malformazioni vascolari del cervello e via dicendo. 

«Come  neurochirurgo – ha concluso il professore Volpentesta – mi rendo conto che l’abilità chirurgica e i progressi tecnologici sono molto importanti ma soltanto la comprensione delle nuove scoperte in altri ambiti delle Neuroscienze può aprire la strada a modalità  di cura innovative e più efficaci per i pazienti affetti   da patologie neurologiche. Il compito più difficile è quelllo di formare la prossima generazione di neuroscienziati per colmare il divario tra le enormi conquiste    della scienza base e le relative applicazioni cliniche e di rafforzare le collaborazioni tra i giovani ricercatori».

Foto  Giovanni Caruso e Giorgio Volpentesta


Lina Latelli Nucifero