Pubblica Istruzione

Alla seconda stagione della riforma Tremonti-Gelmini, scuola allo sbando

ROMA - Protesta la maggioranza dei docenti non ancora certi della classe assegnata, dei presidi costretti a gestire due scuole contemporaneamente, dei genitori inconsapevoli di quante volte il figlio mangerà in mensa e quante dovrà tornare a casa, degli studenti costretti a studiare in classi da 34 unità.

Il risultato a metà del guado - siamo alla seconda stagione della riforma Tremonti-Gelmini, la seconda spallata - è una scuola svuotata, un settore a perdere.

Nessun alleggerimento dei tagli, la strada maestra resta quella più dura: otto miliardi di euro da togliere alla scuola italiana in tre anni. L'ordine impartito dal governo al ministro Mariastella Gelmini non si discute: si devono ridurre non solo bidelli e addetti alle fotocopie, ma anche il numero degli edifici sul territorio e quello dei preziosi insegnanti: oggi sono 780 mila.[MORE]

Da un'inchiesta svolta da Repubblica, apprendiamo che grazie alla "riforma epocale" sono quasi 1.500 le scuole italiane - una su sette - guidate da un preside part-time: quattro giorni lavora nella scuola d'origine e il venerdì corre a mettere firme sotto questioni sconosciute nel secondo istituto. Sono i "reggenti", spremuti per 400 euro lordi in più. Il loro recordman è Francesco La Teana, preside dell'Istituto Schiaparelli Gramsci di Milano, ragioneria con 120 anni di storia e 1.500 iscritti. La sua scuola prevalente ha già due succursali lontane e da quest'anno, grazie alla riforma, Francesco La Teana dovrà guidare un istituto a Pioltello, nell'hinterland, composto da materna, elementare e due medie. Dirigerà sette plessi e racconta: "Il telefono squilla in continuazione, praticamente non dormo più. Lavoro in ufficio, in auto, a casa. Sempre".

Il quindici per cento delle scuole italiane sono vuote, chiuse mentre l'Ocse ha appena fotografato per grandi numeri l'interesse del nostro paese verso l'istruzione: siamo penultimi davanti alla Slovacchia per spesa scolastica (il 4,5% del Pil), ultimi per la quota di spesa pubblica destinata alla scuola (il 9%). 

Insomma, meno insegnanti meno ore di lezione per gli studenti. Meno ore di lezione per gli studenti meno conoscenza. Memo conoscenza meno libertà. 

Quod in iuventute non discitur, in matura aetate nescitur.