Politica
Addio a Lucio Magri grande giornalista e uomo politico | Parte 1
BOLOGNA, 02 DICEMBRE - Fine inaspettata per un importante giornalista e uomo politico della sinistra storica Lucio Magri, 79 anni, fondatore de "Il Manifesto" e protagonista della sinistra eretica. La sua vita è finita con un suicidio assistito di sua volontà in Svizzera. Aveva scelto di morire perché non sopportava più di vivere. Era scivolato da mesi nella depressione per il fallimento politico del suo sogno di una sinistra estrema , ma soprattutto in seguito alla morte della cara moglie Mara uccisa da un tumore, a cui era legatissimo. Accanto a lei, nel cimitero di Recanati, Luci Magri sarà sepolto adesso che è terminato il suo ultimo viaggio.
Il saluto agli amici in una lettera, che hanno letto tutti insieme dopo aver ricevuto la telefonata dalla Svizzera con la triste notizia. Era il terzo viaggio di Lucio Magri in Svizzera. Già due volte era partito con l’idea di non tornare, ma poi aveva sempre fatto marcia indietro. Gli amici del Manifesto speravano che anche questa volta avrebbe mollato il progetto, attaccandosi alla vita, ma alla fine ha scelto di morire.[MORE]
Nelle stanze dove visse, ad aspettare la notizia inevitabile, c'era quella che lui chiamava la sua "famiglia allargata": gli amici Famiano Crucianelli e Filippo Maone, la compagna di sentimenti e di politica Luciana Castellina, la cameriera sudamericana Lalla, che aveva assistito alla morte della moglie, e lui nei suoi ultimi giorni che lo avevano reso più malinconico, e con lucidità, aveva preso la sua decisione di dare così l'addio alla vita.
Magri era entrato nel Pci negli anni Cinquanta, poco più che ventenne, dopo un'esperienza nella gioventù democristiana a Bergamo. Fu accolto nella segreteria del partito di Bergamo, poi nel direttivo regionale lombardo, e di là passò poi a Botteghe Oscure. Nel 1969, dopo lo choc dell'invasione sovietica della Cecoslovacchia, in dissenso con le timidezze e le reticenze del Pci, fu tra gli animatori del gruppo e che diede vita alla rivista «il Manifesto». Venne poi radiato dal partito. Nel 1971 partecipò insieme con gli altri alla trasformazione della rivista Il corriere della Sera, da cui successivamente si distanziò, fondando il Partito di unità proletaria per il comunismo. Nel 1984 rientrò nel Pci, dove rimase fino alla dissoluzione e trasformazione nel Pds, nel 1991; in quel momento aderì al gruppo comunista e partecipò alla nascita del Partito della Rifondazione comunista, dove rimase fino al 1995 e poi rientrò nei Democratici di sinistra.
Luana Scialanca