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ROMA – “Vengono a vedermi in tanti a teatro forse perché pensano che potrebbe essere l'ultima volta ormai”. Così scherzava Giorgio Albertazzi, lo straordinario attore teatrale che per oltre quarant’anni ha calcato il palcoscenico dei più prestigiosi teatri d’Italia.
Albertazzi si è spento a 92 anni nella casa in Toscana della moglie, Pia De' Tolomei. I suoi cari hanno fatto sapere che, già da tempo, all’attore erano stati diagnosticati dei gravi problemi cardiaci. “da tempo era sofferente e il suo cuore ha smesso di battere alle 9", hanno spiegato. Negli ultimi tempi, era solito parlare della vecchiaia con una nota di tristezza ma senza mai traccia di rassegnazione: “è più corporea della giovinezza, ti costringe a fare i conti con il tuo corpo, che reclama le sue esigenze. Quando sei giovane non ti accorgi di averlo, ti obbedisce. Ma poi arriva il momento che ti dice 'no, questo non lo puoi fare perché sei vecchio”.
Una vita a teatro
Tra le sue rappresentazioni più recenti e di maggior successo c’è sicuramente quella di “Memorie d’Adriano”, tratta dal romanzo di Marguerite Yourcenar con regia di Maurizio Scaparro. Si tratta di uno spettacolo proposto fin dal 1989 e a cui Albertazzi ha preso parte in ognuna delle quasi cento riprese. E, con indosso i panni dell’imperatore, rifletteva, non senza malinconia, sulla vita: “Facendolo parlo anche di me”, disse in occasione dei suoi 90 anni “Del resto sento molto la fine della bellezza che si consuma che percorre questo testo, che coglie il momento in cui l'armonia tra corpo e anima si rompe ed entrano in conflitto. A certe battute mi sono sempre davvero emozionato, perché mi toccano nel profondo e penso, cercando di tenermi fuori, a tutti coloro che ho visto invecchiare, alla perdita della giovinezza che ho amato tanto”.
Ma la storia dell’attore toscano inizia molto prima: almeno nel 1949, quando un ancora 26enne Albertazzi fa il suo debutto teatrale con “Troilo e Cressida” di Shakespeare con la regia di Luchino Visconti. Poi, nel 1964, è la volta di “Amleto”, con regia di Gianfranco Zeffirelli. E, come lo stesso Albertazzi amava ricordare, fu proprio il frutto del binomio tra Con Zeffirelli a dare vita ad uno spettacolo straordinario, poi selezionato e rappresentato all’Old Vic di Londra per celebrare il 400° anniversario della nascita di Shakespeare.
Poi, in un vortice di successi difficili da enumerare, arriva l’affermazione definitiva: nel 1994 fonda e dirige il Laboratorio Arti Sceniche Città di Volterra, dal 2002 per cinque anni è direttore del Teatro di Roma, nel 2004 è insieme a Dario Fo per dare vita a un ciclo di lezioni sulla storia del teatro. [MORE]
Nel mezzo, le letture della "Divina Commedia" in giro per l’Italia (va ricordata, in particolare, quella registrata e poi trasmessa da Rai 2 fra le rovine del centro storico dell'Aquila dopo il terremoto del 6 aprile), ma anche le apparizioni in altre opere shakespeariane come Il mercante di Venezia al Teatro Ghione di Roma o quella al Globe di Villa Borghese ne La tempesta diretta da Gigi Proietti.
“Ci ho messo un paio d’anni a imparare a recitare come Ricci e Benassi. Ci ho messo tutta vita a imparare a non recitare più. Io non recito, io sono”, aveva spiegato in un’intervista.
Un’intelligenza arguta e uno spirito critico di raro valore che, però, non hanno mai reso Albertazzi un emarginato che si trincera dietro pretenziosi luoghi comuni: sorprende e diverte, allora, la sua partecipazione del 2014 al programma rai “Ballando con le stelle”, o il desiderio di apparire nudo, seppur per qualche secondo, nello spettacolo "Cercando Picasso" del 2012.
“Sono un anarchico”, aveva detto un giorno, a proposito della sue scelte politiche. Scelte che lo hanno portato, nel 1996, a candidarsi alla Camera insieme al centrodestra. Oggi, il premier Matteo Renzi lo ricorda come “un grande italiano” e “un artista che è stato contemporaneamente classico e controcorrente”. Alle parole di cordoglio si unisce anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che dice: “Con Giorgio Albertazzi scompare uno dei massimi interpreti del teatro e del cinema italiano contemporaneo. Le sue interpretazioni dei grandi classici restano una pietra miliare nella storia dello spettacolo. Albertazzi, che ha dedicato al teatro l'intera esistenza, è stato punto di riferimento e maestro per generazioni di attori e registi”.
I familiari hanno spiegato che l’addio a Albertazzi non avverrà con una cerimonia tradizionale: “Non sarà un funerale, perché il maestro desiderava così, ma un saluto agli amici: domenica, alle 17 nella tenuta di famiglia alla Pescaia di Grosseto”.
D’altronde, la morte non sembrava una preoccupazione per Albertazzi, “La morte - diceva - è l’assoluto, è un mistero. Non bisogna averne paura, perché già il non sapere cosa succede dopo di lei è eccitante. E poi - aggiungeva - se davvero esiste l’inferno, come diceva Flaiano, i peccatori sono tutti nudi, e magari ci si può anche divertire”.
(foto: newsgo.it)
Sara Svolacchia