Accorpare le feste laiche per aumentare il Pil. L'Anpi: non toccate 25 aprile e 1 maggio!
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ROMA, 18 LUGLIO 2012 - Per il momento è solo un'ipotesi, ma tanto è bastato perché l'Anpi e i sindacati del turismo alzassero la voce contro un eventuale tentativo del governo di accorpare le feste comandate. L'idea governativa, già espressa dal sottosegretario Gianfranco Polillo, e che potrebbe essere discussa durante il consiglio dei Ministri di venerdì, sarebbe quella di “lavorare di più per aumentare il Pil”, anche a costo di eliminare qualche festività. Considerato che l'eventuale eliminazione di festività religiose creerebbe qualche problema con la chiesa, nello specifico, le feste che con maggiori probabilità sarebbero abolite, o accorpate, sarebbero le feste laiche, cioè 25 aprile, 1 maggio e 2 giugno, rispettivamente Festa della Liberazione, Festa dei Lavoratori e Festa della Repubblica.
«Mi auguro – afferma Polillo - che il problema venga preso di petto». Aumentare le ore di lavoro degli italiani, magari accorpando anche le festività «è una delle chiavi per risolvere la crisi». Polillo non è nuovo a questa idea. Già qualche tempo fa aveva sostenuto la necessità per gli italiani di rinunciare ad una settimana di ferie per lavorare di più ed aumentare la produttività. Come già successo la volta scorsa, anche stavolta le polemiche non sono mancate. In prima fila, a difesa delle festività laiche è l'Anpi, l'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia, che in un comunicato tiene a ribadire che quelle feste «rappresentano il nostro passato migliore, i valori su cui si fonda la nostra Repubblica: sono, in una parola, la nostra storia. E non vanno toccate». «Non ci si dica – continua la nota dell'Anpi - che non ci sono altri strumenti per incrementare la produttività e far crescere il Pil. Ci sono provvedimenti in corso di esame, da tempo preannunciati, di cui si può accelerare l'iter; e ce ne sono altri, da molti invocati (la patrimoniale, per fare un esempio) che a torto si finge di ritenere improponibili. Si faccia quello che occorre, per salvare il Paese da una crisi che non ci dà tregua».[MORE]
Di opinione simile anche i sindacati di categoria del turismo, per i quali l'eliminazione delle festività non aumenterà affatto il Pil, ma avrebbe, al contrario, gravi ripercussioni sul settore turistico. «Già oggi il turismo è in crisi, resiste solo il 'mordi e fuggi' e cioè il week-end con l'allungo di qualche festività», sottolinea Cristian Sesena, segretario nazionale della Filcams Cgil e responsabile del turismo del sindacato, «Se si accorperanno le festività si darà un'ulteriore mazzata a questo settore, che non viene mai valorizzato per la crescita dell'economia del Paese». Per Luigi Sbarra della il provvedimento è «dannoso e inconcludente ai fini della crescita: è una sciocchezza statistica la relazione tra meno ferie e maggiore produzione in un contesto di assenza di lavoro e di basso livello produttivo, le imprese stanno chiedendo ai loro dipendenti di utilizzare a pieno le ferie, anche quelle non ancora maturate».
Voci contrarie arrivano anche da alcuni settori politici. Per Antonio Di Pietro (Idv), l'unica idea che viene in mente a Monti è quella di «tartassare ancora di più chi già paga tutto, eliminando un po' di festività per i lavoratori mantenendo allo stesso tempo gli stipendi d'oro dei super-manager di Stato». Per Paolo Ferrero (Prc) «l'ipotesi di aumentare i giorni lavorativi, accorpando le festività, rappresenterebbe, dopo l'allungamento dell'età pensionabile, un deciso aumento della disoccupazione. Per uscire dalla crisi serve una riduzione dell'orario di lavoro, non l'aumento».
(immagine da www.giovanicomunisti.it)
Serena Casu