Politica
Accordo migranti, restano alcuni nodi irrisolti. Gelo tra Conte e Macron
BRUXELLES, 29 GIUGNO – Dopo oltre 13 ore di negoziati ad oltranza, durati tutta la notte scorsa, sembrava essere stata trovata definitivamente la quadratura del cerchio e raggiunto un accordo tra i 28 Paesi seduti al tavolo del vertice del Consiglio Europeo, a Bruxelles, relativamente al delicato dossier sul tema migranti. In realtà, restano ancora sul tappeto alcuni nodi rilevanti da sciogliere, in particolare il discorso sulla creazione dei centri di accoglienza, ma anche l’atteggiamento con cui valutare i movimenti secondari dei migranti all’interno dell’Unione. [MORE]
“È inesatto dire che l’intero accordo sia su base volontaria, piuttosto esso è integrato e multilivello come richiesto; solo l’art. 6, relativamente ai centri di accoglienza sul territorio dei Paesi membri, non si impone a nessuno” – aveva affermato il premier italiano Giuseppe Conte questa mattina, al termine della riunione-fiume, spiegando anche che il nostro Paese, ad esempio, non acconsentirebbe a dare disponibilità per la creazione di nuovi centri, a differenza di altri Stati membri che lo avrebbero già fatto. Conte aveva poi esultato evidenziando come l’accordo stabilisca per la prima volta azioni condivise da parte di tutti gli Stati per il salvataggio in mare, ma era apparso soddisfatto anche di aver sottolineato risolutivamente durante il vertice l’intenzione di non riaccogliere alcun migrante che dovesse tentare di varcare i confini dopo essere stato registrato al suo arrivo sul territorio italiano.
Sul punto è dunque emerso disaccordo rispetto alle idee espresse da Emmanuel Macron ed Angela Merkel, che vorrebbero proseguire sulla strada del criterio del Paese di primo arrivo, sancito dalla Convenzione di Dublino attualmente vigente. Soprattutto Macron, nel corso di una conferenza stampa successiva al vertice, ha lasciato intendere di non aver raggiunto alcun accordo con Conte sul tema, ribadendo anzi che i centri di controllo per i migranti debbano rimanere istituiti nei Paesi di primo sbarco, fermo restando il fatto che la decisione di costituirli spetterebbe discrezionalmente a ciascuno di essi: “Le regole di diritto internazionale e di soccorso in mare sono chiare ed è il Paese sicuro più vicino che deve essere scelto come porto di approdo. Le nostre regole comuni di responsabilità sono altrettanto chiare nell’individuare come responsabile della gestione dei migranti il Paese di primo approdo nell’UE. In nessun caso questi principi possono essere rimessi in discussione” – ha infatti dichiarato il Presidente della Repubblica francese, affermando piuttosto la necessità di “essere più solidali verso i Paesi di primo arrivo, assicurando fin dal primo momento una presa in carico comune del problema da parte dell’intera Unione, in primis sul piano economico”.
Anche Angela Merkel ha voluto sottolineare che con Conte non è stato ancora raggiunto un compromesso sui movimenti secondari, lasciando anzi intendere che la Germania continuerebbe (come avvenuto sinora) ad accogliere i migranti sbarcati sulle coste italiane ma fuoriusciti dai confini italiani esclusivamente se Roma dovesse accettare la nuova regolamentazione dei centri di accoglienza volontari anche all’interno dei propri confini, possibilità che invece sembrerebbe essere stata esclusa dal Presidente del Consiglio, almeno per il momento. La Cancelliera tedesca ha inoltre ricordato che Grecia e Spagna, a differenza dell’Italia, avrebbero deciso di accettare che si prosegua sulla strada del Paese di primo arrivo e dunque di riaccogliere i migranti che abbiano tentato di recarsi in altri Stati dell’UE ma siano stati da questi ultimi respinti. Infine, Merkel ha annunciato che dovranno a questo punto essere definiti accordi amministrativi bilaterali con tutti i Paesi confinanti con l’Unione in cui non siano ancora attivi controlli alle frontiere.
A rifiutare il superamento del criterio del Paese di primo arrivo (il punto 5 della proposta italiana) sono però senza dubbio soprattutto i 4 di Visegrad, in particolar modo l’Ungheria del primo ministro conservatore Viktor Orbán. Quest’ultimo, infatti, ha spiegato apertamente, in un video pubblicato sulla sua pagina Facebook, che a suo avviso i possibili reinsediamenti o la redistribuzione dei migranti, così come la possibilità che questi ultimi vengano accolti anche da Stati membri diversi da quello di primo sbarco, sarebbero da considerare vere e proprie minacce da cui difendersi.
A quanto pare, dunque, rispetto al testo contenente le conclusioni del summit, diffuso questa mattina da varie testate europee (in Italia dall’Ansa), l’approvazione unanime sarebbe stata raggiunta soltanto su alcuni punti. Segnatamente, per i salvataggi in mare sono state previste azioni coordinate e condivise tra gli Stati membri, riaffermando però il divieto per ogni imbarcazione che transiti per il Mediterraneo di interferire con la guardia costiera libica (ciò vale soprattutto per le ong). Condiviso sarebbe anche il nuovo paradigma europeo della difesa delle frontiere esterne, essendo emersa la volontà comune di rafforzare le azioni finalizzate a prevenire flussi migratori incontrollati. I leader avrebbero inoltre senz’altro concordato di trasferire 500 milioni di € dal Fondo Europeo di Sviluppo per ricapitalizzare il trust fund per l’Africa e sbloccare un finanziamento di 3 miliardi di € per la Turchia (che a sua volta sarà chiamata a contenere le partenze verso l’Europa); infine, sarebbe stato stabilito di intensificare i rapporti e gli accordi con i Paesi di origine dei flussi migratori nonché con quelli di transito.
Francesco Gagliardi
Fonte immagine: eunews.it