Cultura e Spettacolo

Accoccolata ad ascoltare Umberto Galimberti

15 OTTOBRE 2015 - “L’uomo nell’età della tecnica” la lectio magistralis che tiene il professore Umberto Galimberti al Tropea Festival Leggere&Scrivere questa sera di mercoledì comincia nella corsa ai posti già occupati dalla precedente conferenza. Come possano ascoltare una lezione dietro l’altra rimarrà per me un mistero, rimanendo io sempre imbevuta tanto da qualsivoglia unica lezione da non poter aver spazio per altra.  [MORE]

Comunque i posti non ci sono ed io benché avrei due o tre requisiti per aver diritto al posto mi siedo per terra, beatamente. Nell’era della tecnica è la nuda terra, il pavimento, l’unica certezza del futuro. Penna e foglio dunque e canticchiando Baglioni” accoccolata ad ascoltar l’Umberto” dunque e dunque comincia con un dunque la presentatrice in azzurro polvere e tacchi 35 sottilissimi e domanda all’ospite se “riusciremo ad abbracciare la nostra fisionomia”.

La risposta soffia nel vento e seguiamo la storia del pensiero filosofico fin dal suo primo domandarsi chi noi siamo. Intanto quello che non siamo. L’uomo non è un animale perché non ha istinti. L’animale si muove per istinti, l’uomo ha differito la soddisfazione degli istinti, li controlla e li sublima. Rispetto all’animale, nel suo rapporto con la natura, è un essere mancante, scoordinato, ha quindi bisogno di inventare nuovi strumenti per soddisfare i suoi bisogni e dominare la natura. Nella categoria della necessità deve coprirsi per proteggersi dal freddo, deve procurarsi i cibi per nutrirsi e conservarli per i periodi di carestia, deve occuparsi di una prole per molto tempo non autonoma.

Nel Prometeo incatenato di Eschilo la lotta degli uomini per affrancarsi dalla necessità, il dono del fuoco per illuminare le notti buie pagato da Prometeo con la punizione divina. Ho sempre iniziato così le mie lezioni di storia facendo imparare ai ragazzi i versi di questa tragedia. L’uomo che lotta, il preveggente che dona la vista, e poi la storia, la scrittura che racconta.

Natura e tecnica, continua Galimberti, passando per Socrate e Platone, e dalla Bibbia dove la natura viene consegnata da Dio all’uomo.

Bacone e la nascita della scienza moderna con il metodo di Galileo, una ipotesi, faccio un esperimento e poi verifico. La rivoluzione copernicana. “L’uomo non è più uno scolaretto della natura ma la obbliga e diventa padrone e protettore del mondo. Dopo due secoli avremo l’universo tecnico di Hegel e il pieno possesso degli strumenti con una modifica sostanziale del paesaggio perché quando un fenomeno aumenta troppo il paesaggio cambia. Cambiano i rapporti e nel mondo umano, il denaro da mezzo diventa un dio. Il denaro come fine dice Marx e la tecnica da mezzo diventa fine.

Se il mezzo diventa fine tutti gli scopi diventano nulli e se oggi l’economia ed il mercato sembrano che siano il fine e se la tecnica diventa il fine tutto finisce, argomenta amaro Galimberti, ricordando che la democrazia, parola dimenticata e utopica, non è andare a votare ma creare per tutti le stesse opportunità.

“L’età della tecnica è iniziata col nazismo, quando importante era saper fare il compito che era stato assegnato senza badare al contenuto. La tecnica ti chiede solo di ubbidire all’apparato, ti fa servo.” Servi, io ho sempre pensato dei tecnici e di chi si fa schermo di questa parola per non avere responsabilità, per rigettare le responsabilità che abbiamo. La tecnica uccide il pensiero alternativo, o almeno vorrebbe.

La scienza invece ricerca in continuazione, lo scienziato non sa lo scopo che ha la sua ricerca, e lui ci racconta di sua moglie, morta nel 2008, che ricercò per !2 anni una molecola e poi confessò che non sapeva a cosa sarebbe servita ma la conoscenza servirà sicuramente, perché conoscere ci rende liberi, liberi di cercare. Ora siamo tutti con un cellulare in mano, conclude Galimberti, non si percepisce la distanza e la prospettiva, ed anche l’arte è asservita ad un mercato che ingloba il pensiero creativo distorcendolo a pura fruizione. Oggi funziona solo l’utilità. Conclusione amarissima e pur nella sua verità procura in noi la ribellione ad un mondo che vorremmo ancora a misura d’uomo e non di tecnica.


(notizia segnalata da Ippolita Luzzo)