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A Ussassai tanta gente al convegno sui boschi

 USSASSAI, 8 LUGLIO 2014 -

“Nella gestione del bosco, negli ultimi anni, siamo drammaticamente tornati indietro e oggi ci troviamo ad avere un vuoto culturale da recuperare: quello che dobbiamo fare è ricostruire un intero sistema”. Con queste parole Roberto Scotti, docente di Scienze Forestali di Nuoro, corso di laurea dell'Università si Sassari, nel corso del convegno “Ussàssai e i suoi boschi: riflessioni per un utilizzo produttivo”, tenutosi per paese ogliastrino lo scorso sabato, ha lanciato l'allarme sullo stato di semi-abbandono nel quale versano le foreste della Sardegna. Il tema è caldo e si inserisce nel dibattito sullo spopolamento per le difficoltà economiche e l'abbandono delle terre che sta erodendo il tessuto sociale delle zone interne dell'Isola. Il convegno, organizzato dall'associazione Trempa Orrubia, inserito nell'ambito dell'evento “La montagna che re-esiste”, si è tenuto davanti a oltre un centinaio di persone.

Il filo conduttore dell'appuntamento, ben sintetizzato dal giornalista Giacomo Mameli che, nella suggestiva cornice di piazza San Lorenzo, ha moderato il dibattito, è se dalle foreste è possibile trarre ricchezza. Il recupero cioè di quella “interazione millenaria tra l'uomo e il bosco”, che, ha detto Scotti, da anni impegnato con studi sul territorio, ha portato la Sardegna ad essere una delle prime regioni in Italia per superfici verdi.[MORE] Ma allo stato attuale delle cose, ha spiegato il responsabile della foresta demaniale di Montarbu e dei cantieri di Taccu Mannu, Mauro Marongiu, il lavoro dell'Ente Foreste (braccio operativo della Regione sul territorio ndr) si sostanzia soprattutto nella tutela ambientale contro il dissesto idrogeologico. Da qui la presenza massiccia di pino domestico - impiantato negli anni passati per favorire lo sviluppo delle specie locali - poco produttivo e piuttosto invasivo a scapito di lecci, querce e corbezzoli. Fatta salva la sicurezza che questa specie “aliena” garantisce, l'Ente a Ussàssai, ha detto Marongiu, sta procedendo all'eliminazione graduale del pino e alla cura della sentieristica di servizio. Si può fare di più nell'ottica di una gestione produttiva?

Il problema principe emerso dal dibattito nel quale è stata coinvolta attivamente la popolazione del paese è la mancanza sostanziale di una pianificazione territoriale. Questione che non riguarda solo Ussàssai. “Alla legge del 1983 – ha detto Andrea Pintus, funzionario del Corpo Forestale – non hanno avuto seguito i piani di gestione, che permetterebbero non solo lo sfruttamento del bosco ma anche la tutela della biodiversità e l'utilizzo per fini sportivi e ricreativi”. Servono quindi progetti di sviluppo, ha precisato il tecnico, che però “siano di ampio respiro e a lungo termine”. Che poi la pianificazione inneschi un meccanismo virtuoso lo dimostra il comune di Marrubiu, unico paese in Sardegna ad aver realizzato un Piano di assestamento forestale. Illustrato dal responsabile tecnico, Carlo Poddi, il progetto dimostra “che imporre delle regole favorisce la multifunzionalità bosco”, tanto che oggi il comune dell'Oristanese, dalla cooperativa di gestione, incassa 110 mila euro all'anno. Dello stesso tenore l'intervento di Mariano Cocco, già tecnico della Cooperativa forestale di Villacidro che per 10 anni ha operato sui monti del Linas, attuando un ceduo controllato che produceva per lo più legna da ardere.

Ad assicurare che anche gestendo direttamente il bosco si può produrre reddito è stato Mario Mereu, imprenditore nuorese che a Baunei possiede 450 ettari di superficie boscata. “La foresta che ho ereditato da mio padre è rimasta improduttiva per molti anni – ha detto davanti ad un parterre particolarmente attento –. Per rimetterla in attività, con un gruppo di esperti, abbiamo fatto una pianificazione legata alla tutela ambientale ma anche alla produzione di legna da ardere che oggi è tornata a essere remunerativa. Inoltre – ha aggiunto – con la pulizia del sottobosco e la cura della sentieristica si possono creare percorsi turistici e sportivi”. Con le sue foreste, Mereu oggi dà lavoro a cinque persone. E allora, se la legge regionale del 2007 aspetta ancora i suoi piani di attuazione – l'Ente foreste non ha ancora completato quelli per le porzioni demaniali – che fine fanno il patrimonio boschivo e le comunità che in quei territori vivono o forse è il caso di dire sopravvivono? “Solo creando e applicando i piani si pongono le premesse per il cambiamento – ha ammonito Pintus - E questi vanno fatti necessariamente con il coinvolgimento delle popolazioni che in quei territori ci vivono”.