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A Berlino trionfa "Child's pose" di Peter Netzer. Panahi vince da lontano
BERLINO, 16 FEBBRAIO 2013 - La nouvelle vague del cinema rumeno conquista anche Berlino. Il regista Calin Peter Netzer si è infatti aggiudicato l’Orso d’oro al Festival di Berlino col film Child’s pose. Il titolo dell’opera deriva dalla posizione del bambino dello yoga. Il film racconta del rapporto tra una madre dell’alta borghesia rumena ed il figlio, reo di aver investito ed ucciso un giovane proletario. [MORE]La madre cercherà in ogni modo di evitare la galera al figlio, ricorrendo a soldi e conoscenze. Indirettamente, quindi, viene lambito il tema della prigione, nell’inquadratura più ampia del sistema giudiziario e dei modi di aggirarlo. Lo ha evidenziato lo stesso regista, puntualizzando che nel parlare della famiglia, ha inteso parlare anche della struttura sociale che la include. Vale la pena ricordare come nel 2012 l’Orso d’oro del Festival fosse andato al film Cesare deve morire dei fratelli Taviani, sulla condizione dei carcerati attraverso il particolare osservatorio delle prove per lo spettacolo Giulio Cesare interpretato dai detenuti di Rebibbia.
L’Orso d’argento per la regia è stato assegnato a Prince Avalanche di David Gordon Green, mentre il medesimo riconoscimento per la migliore attrice ha gratificato la cilena Paulina Garcia, interprete in Gloria di Sebastian Lelio. L’Orso d’argento per il miglior attore va ancora ad un rumeno, Natif Mujic, per il film bosniaco An episode in the life of an iron picker, mentre il premio Gran giuria della Berlinale è stato attribuito a Denis Tanovic, per lo stesso film. Si tratta di un dramma di estetica neorealista, molto applaudito alla Berlinale, sulle condizioni di vita delle classi più povere in Bosnia-Ezegovina. Due menzioni speciali della giuria a Promised Land di Gus Van Sant, con Matt Damon. Analogo riconoscimento a Layla Fourie della sudafricana Pia Marais. L’Orso d’Oro alla carriera è stato assegnato al grande documentarista francese Claude Lanzmann, autore nel 1985 del capolavoro Shoah.
Avrebbe meritato di essere citato tra i primi, trattandosi di un premio pesante, ma per la vicenda legata all’Orso d’argento per la migliore sceneggiatura è opportuno un discorso a parte. Il premio è stato attribuito al regista iraniano Jafar Panahi, che però non ha potuto ritirarlo personalmente, a dispetto degli appelli del governo tedesco all’Iran. La Germania aveva infatti chiesto a Teheran la concessione di un visto per Panahi, condannato nel dicembre 2010 a 6 anni di reclusione, perché potesse prender parte alla Berlinale. Storia già nota: nel 2006 Panahi aveva vinto l’Orso d’argento per il film Offside e cinque anni più tardi era stato chiamato invano a far parte della giuria. Al regista di Cerchio (2000) è stata infatti preclusa la possibilità di viaggiare e rilasciare interviste sia all’estero che all’interno dell’Iran per 20 anni. Si tratta di circostanze che, naturalmente, amareggiano a prescindere dalla statura artistica del bravo regista iraniano. Il film Pardè, con cui ha conseguito il riconoscimento, è un documentario autobiografico girato nella propria abitazione e inviato “clandestinamente”. All’arte, dunque, l’ultima parola, anche se è un'arte prigioniera.
(in foto: il regista Peter Netzer, vincitore dell'Orso d'oro)
Antonio Maiorino