Uno sguardo duale sull'Italia del Tricolore: a Reggio Emilia con Andrea Bugno.
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Italianità in Essenza, è il titolo della mostra proposta da Andrea Bugno, all’interno del Festival della Fotografia Europea, organizzato a Reggio Emilia per i 150 anni dall’Unità d’Italia. E in questo contesto l’artista ci ha raccontato se stesso attraverso lo storytelling dei suoi scatti.
Si è scelta la città di Reggio nell'Emilia perché il tricolore nasce qui, e tu lo metti in mostra attraverso quattro temi specifici: la Moda, la Morale, l’Epoca e la Passione.
Sono foto che hanno in comune la tricromia tipica della bandiera italiana. Sono diverse ma non spontanee, non giornalistiche. C’è una concettualizzazione, una metaforica espressione, si vede nelle stoffe che celebrano l’eccellenza della Moda italiana attraverso i tessuti del cuoio toscano, del cotone, del cashmere di Biella, dove spicca l’artigianalità dell’operaio. Nella Morale ci sono i filippini, nemerosi in Italia, avvolti nei drappi della nostra bandiera, a sottolinearne l’integrazione nel tessuto sociale e quindi nel tessuto delle bandiere.[MORE]
Nell’altra mostra, Fenix, la rinascita del popolo argentino si accosta al simbolo della fenice che acquista vita dalle proprie ceneri per spiccare il volo.
Tra la passione hobbistica e il dilettantismo viene fuori un’analisi realista, di tipo giornalistico e antropologico, che analizza gli assi socio culturali, di un popolo, ricercati nei tratti di idiosincrasia.
Racconto in realtà un’Argentina produttiva, dinamica, ottimista e in piena crescita, in uscita dalla più grave crisi, quella del 2002, che ha colpito uno Stato considerato sovrano nella storia moderna.
Un percorso di ricerca per verificarne il tutto giocando con gli opposti e con le contraddizioni, cosa che mi caratterizza in pieno dato che sono artista e scientifico, in quanto ingegnere.
Si tratta anche di uno sguardo antropologico?
Ci sono diversi sguardi, ma unico è quello che propongo allo spettatore. Si nota un’enfasi diversa, all’interno della quale convivono gli italiani in tricolore e poi quella sull’Argentina, che ricorda un periodo artistico diverso dove ho iniziato il percorso professionale fotografico.
E questo contrasto lo cogliamo anche nei colori, il rosso, il verde, il giallo e l’allegria di un popolo povero ma festoso per il carnevale, per il culto religioso, o nel gioco degli scacchi, del domino, o ancora allo stadio e nel rodeo.
Sì, è una visione ottimista, anche se la prima foto è in bianco e nero, un non colore; rappresenta l’entrata di un cimitero nel quale alberga l’assenza di vita, e la regia, gli zoom, restano invece di forte vitalità.
Bugno appare quale regista che si fonde con lo scatto, così come l’antropologo vive l’esperienza di ciò che analizza fino a scomparire nel soggetto per lasciar trasparire la verità assoluta, ponendo l’occhio dietro alla scena.
Caratteristica unica finora, realizzata negli ultimi due anni, dopo l’esperienza di vita vissuta. Una commistione del mio essere con l’Argentina. Un occhio di condivisione, che in molte circostanze evidenzia la vicinanza al punto di vista della gente. Ad esempio sono vicino al cartoneros che guarda chi sta lavorando; al gaucho sul rodeo, a cinque metri nell’arena; sono nel carnevale fra le piume della maschera di chi sfila; nella curva dello stadio.
Cosa pensano gli argentini dell’Italia?
Li chiamano i latini che parlano italiano, sono la stragrande maggioranza sugli spagnoli, c’è una forte radice italiana che li rappresenta, negli ani ‘30 furono fra le cinque potenze mondiali. Essere italiani in Argentina è un vanto, è degno di stima e ammirazione. Per questo ho associato i due popoli, che hanno caratteristiche culturali, comportamentali, simili. Negli usi che si uniscono alle abitudini italiane, come quelle dei vecchi che giocano a carte nei paesi o delle genti che vanno allo stadio in città.
C’è un altro spazio più intimo che è preludio di un’altra mostra, ce ne vuoi parlare?
Non ho definito titoli né concetti, ho in mente Onirix, un riferimento onirico. C’è un forte parallelismo, un’allusione al mattino presto, circa le quattro, per andare in un posto preciso che non anticipo, una grande regione paludosa dalla fauna ricchissima. Patrimonio incontaminato. Parto di notte e compio un viaggio per vedere l’alba, con un sole forte nel cielo, un viaggio in macchina, notturno, e l’alba di giorno, è un parallelismo: c’è il sonno e il sogno, sono visioni non ben definite. Il risveglio coi primi raggi del sole, col quale si inizia a capire di essere coscienti, di avere idee e propositi, pensieri per il giorno; dal dormiveglia poi si arriva alla coscienza di chi inizia il giorno e termina la fase onirica. Foto coscienti e incoscienti, la precoscienza e la coscienza, sensazioni, emozioni, idee, che si materializzano.
Prima di salutarti vorremmo chiederti se è prevista una tua prossima mostra a Roma?
È la mia città. Mi piacerebbe trovare lo spazio giusto e prestigioso che mi possa ospitare.
Andrea Bugno nasce a Roma il 10 aprile del 1972, si dedica agli studi classici per poi diventare ingegnere. Dirigente e poi imprenditore; a soli undici anni, nel suo primo viaggio in Kenia, scopre la cinepresa del nonno ingegnere, e si appassiona alla fotografia passando dalla Vhs agli strumenti per la fotografia.
Lo stile: fra la razionalità dell’ingegneria e l’emotività della foto, si trasforma in un osservatore poliedrico e dualistico. Nel realismo più narrativo, i suoi scatti sono spontanei, un mezzo per concettualizzare l’immagine e spingersi nel simbolo.