Il dialetto va in scena... sogni e storia delle nostre tradizioni.
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CATANZARO, 04 GENNAIO - « Il dialetto è come i nostri sogni, qualcosa di remoto e di rivelatore;
il dialetto è la testimonianza più viva della nostra storia,è l'espressione della fantasia. »
(Federico Fellini e Nicola Gigante)
Faccia un passo indietro chi nella sua vita non abbia fatto ricorso al proprio dialetto per trovare una frase o fare semplicemente una battuta, risultando forse maggiormente eloquenti e certamente più simpatici.
Cos’è il dialetto? [MORE]
Un dialetto è una varietà linguistica (o idioma) usata dagli abitanti originari di una particolare area più o meno estesa dal punto di vista geografico.
All’interno poi della stessa area, soprattutto se la stessa è piuttosto ampia, possono coesistere diverse varianti ed addirittura diverse sottovarianti, all’interno delle aree minori.
Lo studio della c.d. dialettologia tende sostanzialmente a confrontare le differenze ed affinità tra le diverse varietà linguistiche e successivamente tra le diverse varianti e sottovarianti.
Questi studi forniscono una precisa classificazione dei vari dialetti e ne analizza il confronto tra i diversi rapporti e le eventuali sovrapposizioni con le lingue ufficiali e con gli idiomi più divulgati e parlati.
Lo studio può poi essere esteso agli usi, ai costumi ed alla conoscenza estrinseca ed intrinseca della cultura delle differenti popolazioni, tendendo conto anche dei diversi strati sociali.
Il dialetto potremmo anche definirlo come un idioma, che riguarda una vasta zona geografica e che ha un uso sociale piuttosto ampio.
Diverso potrebbe invece essere concepito il termine vernacolo, che viene spesso usato, si come sinonimo di dialetto, ma più esattamente, come una “parlata” locale, limitata quindi ad una precisa zona geografica.
Sul piano linguistico, un dialetto è un vero e proprio sistema completo di comunicazione verbale, pregno di gestualità, di sfumature, di sguardi, che sembrano fare riferimento ad un proprio vocabolario (quasi mai scritto) ed una propria grammatica, al pari di una lingua.
Non potendo però contare su una vera e propria letteratura, nella stragrande maggioranza dei casi, i dialetti non vengono riconosciuti come lingua letteraria, proprio perché non possono contare su una letteratura propria.
Non bisogna però dimenticare che il dialetto nel nostro paese ha certamente contribuito in maniera decisiva alla stesura di testi per lavori teatrali davvero significativi ed importanti per la nostra cultura.
E’ nato quindi il teatro dialettale, che proprio negli ultimi anni ha avuto il meritato riconoscimento.
La divulgazione, seppur parziale, di questo tipo di teatro ha consentito di far riscoprire termini arcaici e tradizioni legate al passato, ma troppo belle e suggestive per essere accantonate.
Il rischio concreto è che possa scomparire definitivamente il vernacolo, il dialetto e tante caratteristiche che rappresentano la nostra stessa identità.
Alcuni dialetti sono già in realtà delle lingue morte e, questo rischio risulta direttamente proporzionale all’ambito territoriale ed al contesto di riferimento.
Minore è l’ambito geografico che si osserva maggiore è il rischio che quel dialetto venga progressivamente dimenticato, del resto è abbastanza probabile e comprensibile che ciò possa accadere.
Il dialetto andrebbe perciò custodito gelosamente e trasmesso alle nostre nuove generazioni, attraverso magari un percorso strutturato prima che si estingua inevitabilmente.
Le nuove generazioni, cresciuti all’ombra della TV, del computer, dei videogiochi utilizzano ed imparano ad utilizzare necessariamente lingue straniere, le quali sono ovviamente ben lontane dalle nostre espressioni dialettali e purtroppo anche molto lontane dal nostro melodioso italiano.
Recuperare il vernacolo e il dialetto è abbastanza complicato per mancanza molto spesso di una raccolta sistematica dei termini e del loro significato etimologico, ad eccezione di pochissime realtà particolarmente significative.
Riconosco che le nuove generazioni facciano fatica a fare ricorso al dialetto e per certi versi è anche giusto, ma la mia preoccupazione è che possano addirittura non comprenderlo più, con il concreto rischio che le generazioni precedenti, già isolati dalla cultura della globalizzazione e dalla virtualità, restino ulteriormente isolati, in quanto non compresi o addirittura non comprensibili!
Per cui auspico un giusto rapporto tra la conoscenza del dialetto ed il suo utilizzo.
Nelle mie commedie, rigorosamente in vernacolo calabrese, se pur fautore del dialetto, preferisco quasi sempre dare voce ai giovani protagonisti con il ricorso alla lingua italiana, mentre agli adulti lascio invece maggiore spazio all’utilizzo del vernacolo e comunque del dialetto, per consentire ai giovani di comprenderne il significato intrinseco ed estrinseco delle frasi dialettali.
Sembrerebbe contraddittorio rispetto a quanto sino a qui affermato, ma ritengo sia ammissibile che i giovani parlino con il loro linguaggio ai loro coetanei, se è necessario anche attraverso parole abbreviate, parole entrate nel linguaggio corrente, senza però per questo non comprendere le frasi degli adulti.
Quindi tento di adottare un sistema graduale di avvicinamento all’uso del dialetto.
Infooggi vuole contribuire a mantenere vivi i singoli dialetti, mediante parole, espressioni dialettali, andate inesorabilmente perdute o comunque modificate nel corso dei decenni.
Attraverso un viaggio nelle tradizioni di paesi e di città, mediante i singoli usi, i costumi tipici, le tradizioni culturali e culinarie, si vuole percorrere in lungo ed in largo il nostro bel paese.
Attendiamo il vostro contributo.
Mario Sei