Resilienze

8 marzo, l'intervento della psicologa sui volti della violenza domestica

Riceviamo e pubblichiamo dalla dott.ssa Carmen Fragalita, psicologa e psicoterapeuta, il seguente contributo in occasione dell’8 marzo:

SOVERATO (CZ), 8 MAR – In occasione della “Giornata internazionale della donna”, ed in contemporanea all’evento “Donne: la più colpite, le più forti, che ha visto protagonisti scrittori gli studenti dell’Istituto “Guarasci” Calabretta, l’I.P.S.S.O.A. ed il Liceo delle scienze umane F.M.A. di Soverato, il Club Soroptomist di Soverato, scende di nuovo e ancora in campo per parlare di violenza. Il Club è impegnato da sempre nella lotta contro la violenza sulle donne, tanto da istituire presso la Compagnia Carabinieri di Soverato “Una stanza tutta per se”, uno spazio nel quale le donne sono supportate nel delicato momento della denuncia di violenza alle Forze dell’Ordine. 

Perché di violenza ne sentiamo parlare tutti i giorni, quasi come se fosse un ritornello che accompagna la nostra quotidianità. Alla radio, in televisione, sui giornali... Oramai non si sente parlare di altro, oltre che di Covid-19! Anzi, in relazione a ciò, sono stati molti gli addetti ai lavori, psicologi, psichiatri, neuropsichiatri, che hanno sottolineato come la situazione di chiusura causata dal virus, abbia contribuito a slatentizzare, intensificare e amplificare situazioni di profondo conflitto all’interno delle mura domestiche, e perciò di grave pregiudizio per sé stessi e per gli altri.

Ma la violenza quanti volti ha? Come si manifesta? Dietro cosa si cela e si maschera? Di fatto si può considerare violenza tutto ciò che ricade nelle forme di abuso di potere, di controllo e si esprime come prevaricazione, sopraffazione, a livello fisico, psicologico, sessuale, economico, violenza assistita e anche religiosa. Perché la violenza ha mille volti e mille sfumature, può assumere diverse sembianze ed esprimersi attraverso altrettanti linguaggi. 

Si struttura in contesti che dovrebbero proteggere e difendere, ma che paradossalmente diventano prigioni, dalle quali è difficile uscirne. Si annida all’interno di dinamiche che dovrebbero affettivamente ed emotivamente accogliere, ma che invece tengono lontano per timore e paura. Paura e timore che diventano terrore dell’altro, degli altri, di chi dovrebbe amare incondizionatamente ed invece si trasforma in un mostro, capace solo di farsi rispettare non per la sua autorevolezza ma per la sua autorità, espressa attraverso le urla, gli spintoni, le botte. 

Questi sono alcuni dei contesti all’interno dei quali crescono i nostri bambini, che spesso si trovano a dover assistere ai “litigi” tra mamma e papà, proprio quelle figure fondamentali, che agli occhi dei più piccoli rappresentano il punto di riferimento ed il porto sicuro dove crescere e rifugiarsi nei momenti di sconforto e di disagio.

Un padre ed una madre che dovrebbero solo donare amore, affetto e insegnare cosa sia il rispetto per sé stessi e per gli altri, attraverso l’acquisizione delle regole e la trasmissione dei valori fondamentali per la vita di ognuno. E invece questi bambini si trovano triangolati nelle dinamiche degli adulti, incastrati in vissuti che non sono i propri e che solo indirettamente ricadono su di essi. Senza chiedersi chi ha torto o ragione, stanno un po' qua e un po' là, giusto per non scontentare nessuno, giusto per non deludere né mamma nè papà, impegnati nel frattempo a discutere e litigare su cose da grandi. Stanno in mezzo e, in religioso silenzio, in uno stretto dialogo con sé stessi, provano a chiedersi il perché di tutto ciò che accade intorno a loro. Non si rivolgono mai agli adulti per fare domande, provano a risolvere da soli i propri dubbi, arrivando a pensare che forse quelle urla sono per colpa loro. Assistono impotenti a scene di quotidiana violenza, che non fa sconti e non lascia fuori nessuno, non sapendo cosa fare o dire, perché nessuno presta loro attenzione, perché nessuno si ferma a riflettere. Questa si chiama violenza assistita. Nessuno può dire cosa sia giusto o sbagliato, nessuno può additare nessuno, perché nessuno ha la ricetta giusta per essere un bravo genitore.

Forse dovremmo imparare ad ascoltare e ad ascoltarci di più, forse dovremmo imparare a comprendere che i figli, i nostri figli, quelli che abbiamo deciso di mettere al mondo, vengono prima di tutto, prima di noi stessi e dei nostri egoismi, perché loro saranno e diventeranno ciò che noi gli abbiamo insegnato ad essere, con le parole ed in special modo con gli esempi.