Cronaca

25 Novembre, Giornata contro la violenza sulle donne. La storia di Lilian

TERAMO, 23 NOVEMBRE 2011 – Venerdì 25 novembre, sarà – come ricorda la nostra Marika Di Cristina  - la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
«La prima causa di morte e invalidità permanente per le donne fra i 16 e i 44 anni in occidente e nel mondo è la violenza subita da familiari o conoscenti. Violenze psicologiche, minacce, schiaffi, calci, pugni, strangolamenti e soffocamenti, stupri, ustioni chimiche, molestie, rapporti sessuali non desiderati o umilianti» recita il pay-off di “Dannato Silenzio”, il video realizzato da Genova Palazzo Ducale Fondazione Cultura in collaborazione con Genova Città Digitale. [MORE]

C'è, però, un'altra forma di violenza sulle donne. Una forma che, riprendendo gli studi sulla violenza di Johan Galtung, sociologo e matematico norvegese padre dei “peace studies”, potremmo definire “strutturale”. Ma voglio raccontarvela attraverso una storia.

«Sono venuta in Italia a causa della mia situazione familiare». A parlare è Lilian, 23 anni, nigeriana. «Prima di partire per l'Italia ho fatto un giuramento di fronte ad uno stregone. Il giuramento consisteva nel fatto che non avrei dovuto mandare soldi a casa a loro insaputa e non avrei dovuto denunciarli alla polizia, altrimenti il giuramento si sarebbe rivoltato contro di me. Mi hanno chiesto di pagare 62.000 euro».

Quei “loro” che la portano in Italia sono gli sfruttatori, perché Lilian – come le altre 140.000 vittime del traffico di esseri umani destinati alla prostituzione – viene portata in Italia con la promessa di un lavoro che le avrebbe fatto guadagnare tanti soldi in poco tempo. Ma si sa, c'è sempre un lato nascosto nei soldi facili, e per Lilian questo è la strada. È proprio lei, attraverso “Schiavi”, di Giuseppe Laganà (andato in onda sulla terza rete Rai il 27 luglio 2011) a raccontare la sua storia.

Il giuramento, una pratica a metà tra il contratto legale e la pratica magico-religiosa chiamata “juju” - raccontata, il 7 aprile scorso, dalla giornalista Jenny Kleeman sulle pagine del quotidiano britannico The Independent, prevede che il corpo delle ragazze venga segnato con le lamette vede molta della sua forza nella credenza che qualcosa di male possa capitare, alle ragazze o ai loro familiari, qualora il giuramento venga spezzato.

Ma Lilian si trova in una situazione decisamente particolare. Da un lato gli sfruttatori ed il mondo della prostituzione, dall'altro la burocrazia italiana e, in particolare, quella legge che la chiama “clandestina” e per la quale, se si ammala, non può chiedere aiuto, pena l'applicazione del reato di clandestinità e l'espulsione dal nostro paese. Per questo, quando a Lilian viene diagnosticata una forma rara di linfoma Non Hodgkin a grandi cellule B inizia una vera e propria battaglia legale.

«Se avesse avuto una famiglia o dei punti di riferimento sul territorio» - racconta, nel già citato “Schiavi”, Michela Manente, avvocato dell'associazione “On the Rad” - «avrebbe potuto anche cavarsela da sola, ma la posizione di irregolarità non le consentiva di attendere a tutte le cure». Oltre all'associazione, Lilian incontra anche Giansaverio Cappa, presidente della Sezione civile del Tribunale di Teramo, il quale di fronte all'eccezionalità del caso – eccezionalità dettata dal vuoto normativo e legislativo – decide di applicare alla lettera l'articolo 32 di quella carta costituzionale brandita spesso a sproposito, dandole così la possibilità di curarsi, anche se tutto si rivela inutile.

Magra consolazione, come riportava l'agenzia Redattore Sociale martedì scorso, è che i carabinieri del Ros di Teramo e Milano hanno dato esecuzione all'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Tribunale de L'Aquila su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia e dell'associazione “On the Road”, che aveva richiesto un permesso di soggiorno per motivi umanitari a favore di Lilian.

«L'unione Europea è consapevole della gravità della tratta di esseri umani» - dice, in un'intervista per l'Espresso, Iana Matei, esperta di fama internazionale sul traffico di esseri umani - «ma non ha ancora approntato mezzi efficaci. Manca la volontà politica per farlo. Bisogna colpire i trafficanti di donne così come si colpiscono i trafficanti di droga: con pene esemplari e il sequestro dei beni. Invece di concentrarsi su chi sfrutta le ragazze, il dibattito pubblico si arena sempre sullo stesso punto: legalizzare o meno la prostituzione. L'attenzione è sulle prostitute, non su chi le sfrutta».

Qualche mese fa ci fu la campagna “Se non ora, quando?” che, dietro all'etichetta femminista sembrava nascondere esclusivamente una forma di anti-berlusconismo. Ora che Berlusconi sembra essere stato messo “fuori squadra”, non sarà forse il caso di iniziare ad aiutare, per le femministe e non solo, anche chi non può permettersi di creare spot televisivi o chiedere l'aiuto di note attrici come testimonial?


Andrea Intonti