Cronaca
25 MILIONI DI EURO PER GLI AIUTI POST-TSUNAMI! Intercettati per la caccia alle balene
TOKYO, 18 Gennaio 2012 – La caccia alle balene è una tradizione orrenda praticata da secoli dal Giappone e da altri stati dell’estremo oriente. Da anni, però, le denuncie contro questa pratica inumana aumentano costantemente; le associazioni ambientaliste stanno facendo battaglie affinché si cessi la cattura. E gli effetti positivi iniziavano a manifestarsi. [MORE]
Nel 2011 la caccia non era stata così redditizia per la flotta baleniera giapponese. Le azioni di contrasto degli ecopirati della Sea Shepherd Conservation Society erano state più incisive del solito e alla fine il bottino era risultato relativamente misero: solo 172 esemplari catturati, circa un quinto di quanto si erano riproposti. Le autorità nipponiche hanno così deciso di correre ai ripari e di affiancare alle tre navi salpate qualche settimana fa dal porto di Shimonoseki - con l'obiettivo di catturare 900 balene nello spazio di tre mesi - una motovedetta della guardia costiera, senza però fornire ulteriori dettagli. Insomma la barbarie non vuole smettere per nessun motivo e i governi locali fanno orecchie da mercante.
Una decisione che, però, creerà ulteriori frizioni diplomatiche con Australia e Nuova Zelanda, che considerano le acque del Southern Ocean un vero e proprio santuario, in cui le balene devono essere protette e usate solo a fini turistici e naturalistici per il sempre più diffuso whale-watching. Il governo di Canberra ha già presentato un'azione legale alla Corte internazionale di giustizia, ma ha escluso di mettere in campo proprie unità navali per garantire la pace nelle acque internazionali in quella che si annuncia come una delle più movimentate estati artiche degli ultimi anni. Erano stati i verdi australiani a chiedere il sostegno militare del proprio governo esprimendo il timore che eventuali scontri al largo possano essere letali.
La caccia alle balene è vietata dal 1986 da una moratoria internazionale dell'International Whaling Commission, ma alcuni Paesi - tra cui anche l'Islanda e la Norvegia - non la riconoscono. Le autorità nipponiche, tuttavia, con il pretesto della ricerca scientifica hanno sempre rivendicato il diritto di proseguire una tradizione centenaria che pure oggi si sta rivelando anti-economica. La stessa flotta di navi e pescherecci utilizzata durante le spedizioni risente degli anni e la nave madre, la Nisshin Maru, si trova nella condizione di non poter solcare le acque dell'Antartico a causa dei serbatoi obsoleti. Sea Shepherd, dal canto suo, è pronta a dare battaglia e a frapporsi con le sue imbarcazioni tra le balene e le imbarcazioni nipponiche, cercando di ostacolare le operazioni. Tuttavia Paul Watson, il comandante di Sea Shepherd, contesta la scelta di disimpegno del governo australiano, che ha spiegato la decisione di non mandare proprie unità navali per un principio di equità: anche i giapponesi, infatti, avevano chiesto la loro assistenza in funzione anti-animalisti e avendo detto di no era stato inevitabile rispondere negativamente anche alla richiesta degli ecopirati.
La polemica in ogni caso è forte anche in Giappone, dove la carne di balena continua ad essere molto ricercata anche se sembrerebbe godere di sempre meno appeal tra i consumatori. A Tokyo gli attivisti di Greenpeace ha puntato il dito contro il governo e denunciato il fatto che alla flotta baleniera sia andata una fetta consistente dei fondi destinati all'industria della pesca come aiuto alla ripresa dopo la devastazione dello tsunami dello scorso marzo. 25 MILIONI INTERCETTATI DAL FONDO PER GLI AIUTI POST TSUNAMI!!! «È scandaloso che il governo giapponese attinga dai contribuenti denaro per un programma non necessario, non richiesto ed economicamente poco significativo - ha spiegato al quotidiano britannico Guardian Junichi Sato, il responsabile di Greenpeace Japan. La caccia alle balene è un punto nero per la reputazione internazionale del Giappone ed è un buco nero per il denaro dei contribuenti. Gettare tanto denaro questo periodo di crisi è vergognoso, non è possibile sprecare risorse per l'operazione antartica quando ci sono persone che soffrono in patria». Le organizzazioni della pesca sostengono invece che l'utilizzo di quei fondi è giustificato perché alcune delle città colpite dallo tsunami erano porti balenieri o centri comunque legati alla lavorazione della carne di balena. Diversi gruppi ambientalisti si sono fatti promotori di una petizione per chiedere al governo giapponese di utilizzare il denaro stanziato per la caccia alle balene per progetti che siano davvero a sostegno delle popolazioni colpite dal sisma.
Vedremo come andrà a finire, sperando che l’uomo per una volta non danneggi ancora inutilmente l’ambiente, vista la funzione fondamentale che svolgono questi giganti dei mari.
Stefano Villa