Veloce come il vento, intervista a Matteo Rovere: "Ecco come cambiare il cinema italiano"
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Veloce come il vento di Matteo Rovere, con Stefano Accorsi e Matilda De Angelis, conferma lo stato di buona salute del cinema italiano. Di più: conferma la recente riapertura del cinema nostrano ai generi, con attenzione alla scrittura ed alla recitazione ed quel poco di follia sperimentale che serve per rinverdire prodotti insoliti per il panorama nazionale. Abbiamo intervistato il regista, chiedendogli, innanzitutto, del successo del film.
MATTEO ROVERE: Sono contento, anche se ai David parteciperemo solo l’anno prossimo. Al di là di tutto, sono molto felice perché il film ha ricevuto un riscontro del pubblico molto bello e caldo: le persone mi chiamano, il film viene richiesto e si organizzano molte proiezioni.
ANTONIO MAIORINO: hai definito il tuo film come un case history. Proprio per la propria originalità nel panorama nazionale, Veloce come il vento ha comportato una serie di sfide a livello tecnico, che hai potuto affrontare scrivendo tu stesso la sceneggiatura (a differenza di Un gioco da ragazze e Gli sfiorati). Quali sono stati gli ostacoli principali nella realizzazione di un film così insolito rispetto agli standard dello spettatore italiano?
MATTEO ROVERE: Il film è un action movie, la storia di un famiglia di preparatori di auto da corsa, e di una ragazza, Giulia, che fa la pilota e corre nel campionato GT. All’inizio del film perde tragicamente il padre e si trova da sola a dovere gestire non solo la scuderia di macchine, ma anche la famiglia composta dal fratellino piccolo e da questo allenatore un po’ pazzo, Loris, interpretato da Stefano Accorsi, che torna dal passato. Questi appare dapprima voglioso di recuperare la sua parte di eredità, poi, pian piano, si rende conto che la ragazza ha un grande potenziale ed allenandola potrebbero vincere il campionato. Si tratta di una “scusa” sportiva e di genere per affrontare la storia di una famiglia che si ricongiunge, legando il tutto all’interno di un film fatto d’inseguimenti, corse d’auto, gare su pista, gare clandestine e quanto riguarda l’universo delle auto. Quello che dici tu è giusto: mi sono lanciato nella scrittura di questa storia perché mi appassionava molto il racconto di questi personaggi, ma soprattutto mi sembrava una grande occasione per poter provare a fare un film che in Italia non si fa mai, ossia un film d’azione girato nei modi che siamo abituati a vedere non tanto nel cinema americano, quanto in quello europeo d’azione. Penso a Luc Besson, a Ronin: un grande realismo nel fare l’action, che è poi la cosa che dà grandi emozioni allo spettatore. [MORE]
ANTONIO MAIORINO: Considerando che all'Italia non mancherebbero le professionalità per realizzare film di questo tipo, a cosa attribuiresti la mancata proliferazione del genere e del filone? Si tratta più di mancanza d'audacia (e da produttore conoscerai certamente l'ambiente), o del fatto che la nicchia di gusto è così ristretta da essere poco incoraggiante?
MATTEO ROVERE: Sai, hai ragione su tutte e due le alternative: da un lato, sono film piuttosto rari, ed è paradossale perché, quanto ai collegamenti col mondo dell’auto da corsa e dell’action, siamo tra i più grandi produttori di macchine da corse ed abbiamo grandi piloti come Valentino Rossi; dall’altro, abbiamo professionalità come stuntmen e precision driver, grandi piloti d’auto per il cinema di cui si avvale anche l’industria americana. Non a caso, molto spesso, i film americani sono girati a Roma, basti pensare all’ultimo 007. Manca un po’ il coraggio da parte di produttori ed autori di capire che c’è una nicchia di pubblico che si può allargare e che si è forse scocciata di vedere sempre e solo commedie tutte uguali. S’investe poco su almeno due categorie: le commedie scritte meglio, come Smetto quando voglio di Sydney Sibilia, opera di qualità che rinnova il mondo della commedia italiana; film come Veloce come il vento, d’azione, che emozionano lo spettatore, lo divertono, lo intrattengono, gli fanno passare due ore di grande spettacolo… quello che si chiede quando si va al cinema. C’è il timore di approcciare sfide di questo tipo: ci vogliono risorse, ci vuole tempo, bisogna studiare molte cose. Auspico comunque che ci siano sempre più film che mantengano le promesse fatte allo spettatore e che emozionandolo in un modo o nell’altro, non lo deludano, di modo che non si dica “vado a vedere il film italiano, che noia”, bisogna dire “vado a vedere il film italiano… che figata!”. Le cose devono un po’ cambiare.
STEFANIA CAVOTTA: Smetto quando voglio, peraltro, è anche una tua creatura, visto che l’hai co-prodotto…
MATTEO ROVERE: L’ho prodotto insieme alla Fandango di Domenico Procacci. Abbiamo creduto in Sibilia, giovane regista di Salerno, grande autore e scrittore di commedia. Non è difficile, non ci vuole un grande intuito per capire quando un autore ha un passo diverso, ma quel passo va aiutato e bisogna credere alle proposte alternative, alle storie che non sono sempre le stesse storie. Il classico film italiano, d’autore o commedia, mi annoia se non rinnova il genere o se non ha caratteristiche per avvicinarsi ad un contesto internazionale. Per esempio, Veloce come il vento è stato venduto in almeno 50 paesi all’estero, dal Giappone all’Argentina, e rappresenta quel tipo di cinema che si riesce ad esportare pur essendo di lingua italiana: è importante per tutto il movimento.
ANTONIO MAIORINO: Far emergere il dramma familiare dal film action non è impresa da poco: la fisicità del film rischiava di appiattire le sfumature emotive e disperdere il lato drammaturgico nell’adrenalina. Per eludere il rischio, ti sei avvalso del talento di Matilda De Angelis, bravissima ma inevitabilmente acerba per la giovane età, e di uno Stefano Accorsi insolito: come hai lavorato con loro per tirar fuori ciò che serviva alla tua sceneggiatura?
MATTEO ROVERE: Stefano è stato molto disponibile ad interpretare un personaggio in trasformazione. L’esperienza nasce dal fatto che incontrandolo ho avuto modo di spiegargli che per un ruolo di questo tipo era necessario fare sul serio, gli ho raccontato dei personaggi reali e lui si è lanciato completamente, sovvertendo tutto quello che abbiamo visto di lui. È stata una possibilità che lo ha gratificato e divertito, quindi è stato anche facile convincerlo a lavorare insieme. Matilda è un’attrice esordiente, non aveva mai recitato prima: l’ho trovata cercando, attraverso moltissimi provini, il profilo di una ragazza che avesse un’energia così importante da gestire una scuderia ed una famiglia a 17 anni. Non era facile trovare quel carattere e quel cuore e penso che sia stata veramente brava e talentuosa nel film.
(nell'immagine principale: dettaglio del poster di Veloce come il vento; all'interno: Matilda De Angelis e Stefano Accorsi in una scena del film. FONTE: trascrizione dell'intervista rilasciata da Matteo Rovere a Radio Base a cura di Antonio Maiorino e Stefania Cavotta, 20\4\2016).
Antonio Maiorino