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GAETA (LT) – Cosa sta succedendo nelle due città di mare? A cosa è dovuta la diatriba che divide gli amministratori dei due centri distanti una manciata di chilometri uno dall’altro?
E’ presto detto: il 4 novembre del 1860 iniziò l’assedio di Gaeta da parte dei piemontesi, guidati dal “sanguinario” Generale Cialdini, che durò fino al 13 febbraio del 1861.[MORE]
In quei lunghi mesi si scrisse una delle pagine più oscure del Risorgimento italiano, raccontate lucidamente dallo scienziato francese Charles Garnier nel suo celebre Journal du siège de Gaëte Dentu, (Parigi, 1861).
Nelle pagine del suo “giornale”, Garnier racconta una storia inedita e ripulita dalla retorica risorgimentale, parla di feroci crudeltà che vennero perpetrate nei confronti dei civili come l’avvelenamento dell’acquedotto e il bombardamento indiscriminato della città.
Ma parla anche del dopo assedio, quando i bersaglieri entrarono nella città e si dedicarono alle più efferate violenze.
Dell’argomento, ultimamente, si è occupato anche lo storico Gigi De Fiore, premio Saint Vincent per il giornalismo nel 2001, con il libro dal titolo: Gli ultimi giorni di Gaeta – l’assedio che condannò l’Italia all’unità, edito da Rizzoli.
De Fiore mette a nudo le verità storiche volutamente nascoste, citando documenti inediti dell’archivio militare e di quello dell’allora ministro della guerra.
Da questo cartaceo emerge che il generale Cialdini ordinò il bombardamento indiscriminato della città con l’unico scopo di testare i nuovi cannoni a lunga gittata; Gaeta fu rasa al suolo proprio da quell’esercito che era sceso al Sud per liberarlo.
Quindi la città ha ben poco da festeggiare e il 6 novembre inaugurerà un monumento dedicato a tutti i comuni che furono distrutti dai piemontesi.
Ed ecco che a pochi chilometri, se non metri, sorge un’altra città, Formia, che al contrario ha conferito la cittadinanza onoraria ai Granatieri di Sardegna, protagonisti di quelle stesse battaglie.
L’amministrazione comunale di Gaeta, guidata da una formazione meridionalista, il Partito del Sud, contesta tale onorificenza, data a chi, secondo loro, si è rivelato solo un carnefice.
Quindi si scontrano due scuole ormai accertate: una morente, quella della retorica risorgimentale, e una innovativa che narra la storia “altra”, quella mai raccontata.
Come andrà a finire? Altri storici, tra 150 anni, lo scriveranno. Si spera non a modo loro!