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MILANO, 22 NOVEMBRE 2013 – Come anticipato, il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al primo piano di privatizzazioni che dovrebbe far entrare nelle casse dello Stato tra i 10 e i 12 miliardi di euro di cui, metà dovrebbe essere utilizzato per ridurre il debito pubblico e l’altra metà per tagliare il deficit, in linea con il richiamo che è stato fatto all’Italia da Bruxelles. In particolare, le società interessate dall'operazione sono: Eni, Stm, Enav, Fincantieri, Cdp reti, Cdp Tag, Grandi stazioni (ovverosia la parte dei negozi che si trovano nelle stazioni) e Sace. Come ha precisato il premier, Enrico Letta: «Non ci sarà la cessione del controllo pubblico, tranne che per Sace».
Secondo quanto puntualizza una nota il di Palazzo Chigi: «Il Consiglio dei ministri, alla vigilia, ha ascoltato una relazione del ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni sulle privatizzazioni, nella quale è stata affrontata l’opportunità di mettere in vendita quote di società pubbliche senza andare a toccare la quota di controllo delle stesse. Unica eccezione riguarda il Gruppo Sace (assicurazione del credito, protezione degli investimenti, cauzioni e garanzie finanziarie) dato che non esistono in Europa gruppi assicurativi di crediti alle imprese che siano prevalentemente pubblici». Evidenziamo che - sull’intero pacchetto e sulle singole operazioni di privatizzazione – sarà chiamato ad esprimersi il comitato per le privatizzazioni presieduto dal direttore generale del Tesoro Vincenzo La Via, a cui si aggiungeranno altri 4 membri nominati nei prossimi giorni da Saccomanni.
Così, sembra un ritorno al passato – a vent’anni fa (1993) – quando si assistì alla prima tornata di privatizzazioni italiane, che mossero i primi pass - nel marzo del 1990 – con l’istituzione di una Commissione ad hoc per il riassetto del patrimonio mobiliare pubblico e per le privatizzazioni. presieduta dal prof. Scognamiglio. In primo luogo, la Comissione stilò un documento atto a stabilire le condizioni per l’adozione di una prima misura governativa, al fine di delineare le regole generali delle privatizzazioni. A ciò, fecero seguito una serie di atti normativi, tra cui: il D.L. n 386, convertita nella legge 5 del 1992, il quale attribuiva agl’enti la possibilità di trasformarsi in spa; il D.L. n. 333, convertito nella Legge 8 agosto 1992, n. 359, che consenti di trasformare dell’IRI, l’ENI, l’ENEL e l’INA in società per azioni con assegnazione delle azioni al Ministero del Tesoro, il quale - a sua volta - si vide corrispondere anche le azioni della Bnl Spa
e dell’IMI spa (Il cosidetto Decreto Amato).
SOCIETÀ COINVOLTE NEL PIANO PRIVATIZZAZIONE - Entrando nel merito dele otto società interessate dal piano sono: Eni, partecipata al 30,1% dal Tesoro e dalla Cassa depositi e prestiti (Cdp), 2) Stm, holding italo-francese partecipata al 50% dal Tesoro, che - a sua volta - controlla StmMicroelectronics; 3) Fincantieri, il cui 99,3% el suo pacchetto azionario è posseduto da Fintecna (Cdp); Cdp Reti, il veicolo di investimento posseduto al 100% dalla Cassa depositi e presiti, che l’anno scorso ha proceduto ad acquisire ha acquisito - dall’Eni - il 30% di Snam (gas); Tag - che si occupa della gestione in esclusiva del tratto austriaco del gasdotto che trasporta il gas dalla Russia in Italia - società partecipata all’89% da Cdp; Grandi stazioni, a sua volta controllata al 60% dalle Ferrovie dello Stato per la gestione delle principali stazioni italiane; Enav, la società preposta al controllo del traffico aereo al 100% del Tesoro Sace, gruppo per l’assicurazione dell’export posseduto interamente da Cdp.
Saccomanni, inoltre, ha puntualizzato che sul mercato si cercherà di collocare: il 60% di Sace e di Grandi stazioni, il 40% di Enav, il 40% di Fincantieri, il 50% di Cdp Reti, circa il 3% di Eni. Tuttavia, in una nota, il ministero dell’Economia ha sottolineato che «Il Tesorto manterrà comunque una partecipazione pubblica complessiva al capitale di Eni superiore alla soglia Opa (offerta pubblica di acquisto) del 30%».
(Foto: qn.quotidiano.net)
Rosy Merola [MORE]