SPECIALE OSCAR 2013 - "Zero Dark Thirty" di Kathryn Bigelow, una parabola di vendetta e umanità
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Kathryn Bigelow, la prima donna, finora l’unica, che ha ricevuto, nel 2010, il premio Oscar per la miglior regia, con The Hurt Locker, ritorna al cinema con un altro film duro e difficile, Zero Dark Thirty, candidato agli Oscar 2013 con cinque nomination, fra cui quelle per miglior film e miglior sceneggiatura originale.
Il film inizia con la registrazione audio delle voci disperate di persone che si trovavano negli aerei dirottati e nel World Trade Center l’11 Settembre 2001. Sullo schermo solo uno sfondo nero. Così viene introdotto il ricordo, fortissimo e carico di sofferenza, di tante pagine di sangue della storia contemporanea ancora troppo recenti, difficili da percepire con distacco e affrontare con lucida ragione. E’ quello che invece tenta di fare Kathryn Bigelow, mantenendo grande rispetto e attenzione per l’oggettività. Nel film, grazie a un lungo lavoro di ricerca e alla sceneggiatura di Mark Boal, vengono ricostruiti scrupolosamente gli eventi di un periodo disseminato di terrore e sangue.
Zero Dark Thirty - 30 minuti dopo la mezzanotte - indica, in gergo militare statunitense, l’ora in cui hanno inizio le operazioni militari più pericolose, come quella che ha portato al ritrovamento e all’uccisione del capo di Al-Qaeda, Osama Bin Laden. La storia raccontata nel film si sviluppa lungo un arco di tempo compreso tra il 2001 e il 2011, e narra le indagini e le ricerche con cui l’agente CIA Maya riesce a scoprire il nascondiglio di Bin Laden, missione denominata Operation Neptune Spear avvenuta il 2 maggio 2011 ad Abbottabad in Pakistan.
La ricostruzione della vicenda mette subito in evidenza il grande merito dell’opera: non voler prendere parti, sebbene sia comprensibile il dolore, ancora caldo di lacrime, che potrebbe spontaneamente spingere a farlo. Nel film gli eventi sono analizzati e procedono attraverso una fredda forma documentaristica. Sebbene l’agente CIA Maya, ispirato a un personaggio reale, serva per concentrare l’attenzione cinematografica in un punto e in una direzione - l’uccisione di Bin Laden - la storia non è trasformata in leggenda, attuando una separazione netta fra buoni e cattivi; i veri eroi che uccidono solo i colpevoli, proteggendo gli innocenti, nel teatro della Storia non esistono ma il sangue che scorre si lava e si combatte con altro sangue.
Zero Dark Thirty mostra le torture fatte dalla CIA ai prigionieri (nelle prime scene un prigioniero viene picchiato a sangue, legato al collo con un guinzaglio, denudato e sottoposto ad una forma di tortura chiamata waterboarding “annegamento controllato”), la corruzione degli informatori, l’uccisione di civili da parte dei soldati americani. Questa scelta dipinge in modo paritario l’umanità di entrambi i popoli, umiliati dall’atrocità della guerra, ed evidenzia il percorso di maturità interiore necessario per giungere a comprendere, con uguali sentimenti di pietà, il dolore del nemico assieme al grido del proprio istinto di vendetta.
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Maya è il personaggio che stabilisce maggiormente la comunicazione con il pubblico. Creata ad hoc, per far convergere e concentrare l’attenzione sui sentimenti di rivalsa, Maya rappresenta l’anima ferita dell’America, il tormento di un dolore indimenticabile e l’ossessione della vendetta in un solo corpo e in una sola mente. Questa donna non vive che per raggiungere il suo scopo. Attraverso la battaglia personale combattuta da Maya, viene creata e mantenuta la tensione drammatica che conduce in modo forte all’epilogo. Gli ultimi trenta minuti del film, sebbene il pubblico conosca benissimo il finale della storia, sono costruiti sul filo del rasoio di una suspance intensa e coinvolgente.
Sono ricche di valore narrativo le scene con i soldati seduti gli uni di fronte agli altri negli elicotteri, capaci di raccontare nel buio, solo attraverso il silenzio e gli sguardi, il sentimento di paura che accomuna pochi uomini ignari di ciò che li aspetta. L’assalto all’abitazione di Bin Laden è senza dubbio il momento più significativo di tutto il film, sia dal punto di vista cinematografico, per la realizzazione di scene di straordinaria efficacia e raffinata bellezza, sia ideologicamente, in quanto attraverso questo momento viene descritto, attimo dopo attimo, il dramma di un’operazione militare carica di paura e di morte, priva di una vera possibile giustizia. L’uccisione di Bin Laden non è un evento catartico e liberatorio, è solo una triste necessità, una dolorosa vendetta costretta a punire assieme a lui donne innocenti, a far gridare di paura bambini indifesi.
SPOILER
La scena finale, di grande impatto emotivo, mostra una donna sola, Maya, che non ha sul volto la gratificazione della vendetta finalmente portata a compimento, ma lacrime di dolore che simboleggiano il peso della sofferenza subìta dal suo popolo, un peso che neppure la fine della battaglia riesce a risarcire. Il pianto di Maya rappresenta il dolore universale per il sangue versato, forse necessario ma non giusto.
Così si spiega la guerra, fatta dall’umanità contro l’umanità, malgrado l’umanità. Victor Hugo
Titolo originale: Id.
Regia: Kathryn Bigelow
Interpreti: Jessica Chastain, Jason Clarke, Joel Edgerton, James Gandolfini, Jennifer Ehle, Mark Strong, Kyle Chandler, Stephen Dillane, Reda Kateb, Chris Pratt, Mark Valley, Mark Duplass, Harold Perrineau, John Barrowman
Origine: USA, 2012
Distribuzione: Universal Pictures
Duarata: 157'
(Nella foto Jessica Chastain/Maya)
Gisella Rotiroti