SPECIALE OSCAR 2013 - "Django Unchained" di Quentin Tarantino, la storia di una meritata vendetta
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SPECIALE OSCAR 2013 - "Django Unchained" di Quentin Tarantino, la storia di una meritata vendetta

lunedì 21 gennaio, 2013

Omaggio a Django di Sergio Corbucci, interpretato da Franco Nero, che nel film compare in un cameo, e al genere western, l’ultimo lungometraggio di Quentin Tarantino, atteso con grande trepidazione da parte del pubblico, ha ricevuto cinque nomination agli Oscar 2013. Il film esce il 17 gennaio nelle sale.

“Si può presagire una trilogia” - ha dichiarato Tarantino durante un’intervista - di cui Django, dopo Bastardi senza gloria (dedicato al periodo nazista), sarebbe il secondo capitolo. La storia raccontata nel film - sebbene visivamente sia resa con i colori pastello dalla fantasia strabiliante del suo autore - contiene un’anima delicata ed un forte significato sociale. Django è l’ennesima “dichiarazione di guerra” di Tarantino alle ingiustizie universali della Terra, risarcite da un angelo vendicatore, eroe senza tempo che, nel meraviglioso spazio della magia cinematografica, può cambiare il corso della Storia, spargere sangue per rimettere le cose al loro posto. Il sangue della vendetta scorre dentro argini di purezza e giustizia.

Anche questa volta la regia spettacolare di Tarantino ha scelto un palcoscenico importante: quello della storia americana. Django è uno schiavo liberato dai suoi padroni grazie al dottor King Schultz, un dentista tedesco diventato cacciatore di taglie. Django vuole ritrovare e liberare sua moglie Broomhilda (paragonata in modo esplicito a Brunilde salvata da Sigfrido nella saga nordica raccontata da Richard Wagner ne L’Anello del Nibelungo) venduta al mercato degli schiavi alcuni anni prima. Aiutato da Schultz, Django riesce a ritrovare la moglie a Candyland, una piantagione gestita da Calvin Candie; dovrà quindi affrontare Calvin e la sua banda di schiavisti per liberare Broomhilda.

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La grande cinefilia, che ha portato Tarantino da un negozio di videonoleggio alla macchina da presa, è da sempre il marchio originalissimo del suo stile. Anche questo film è impreziosito da una gran quantità di citazioni e in ogni scena si percepisce in modo sensibile il grande amore del regista per il cinema.
Ma Quentin Tarantino, più che rinnovare o rispolverare generi, dato che il suo cinema non rientra in alcuno, ne crea uno assolutamente ibrido e nuovo che, mettendo in gioco le contaminazioni più ardite e prepotenti, ne fa rivivere gli antichi splendori.
Le immagini cariche di forza espressiva, pur provenendo dalla suggestione di tutto il cinema del passato, riescono ad inventare e partorire nuovi mondi. I giochi di colori e i dialoghi con cui vengono esaltati i personaggi, che campeggiano su magnifici sfondi, non sono artifici sterili e vuoti, fine a se stessi, ma intendono essere la scatola preziosa che serve per contenere e portare a destinazione qualcosa di importante.

Django, come tanti altri film di Tarantino, è pervaso da un forte respiro che abbraccia ed evoca in pieno il senso e la grandiosità della settima arte ma nasconde, dietro i colori e la spettacolarità ricercata, una solida struttura tematica ed ideologica.
Questa emerge quando l’emozione legata all’azione drammatica si stacca dalla storia raccontata per divenire universale, ed essere un anelito e una tensione verso sentimenti nobili; le stesse strategie emotive erano messe in moto dalle grandi e potenti macchine narrative dell’Ottocento che, attraverso l’artificio del romanzo, sollevavano temi di giustizia e di rivolta.
In questo senso il cinema di Tarantino potrebbe continuare il ruolo svolto dalle grandi opere di letteratura, grandiose e magniloquenti che, attraverso la forza del loro mezzo espressivo, potevano toccare il cuore dell’uomo, per elevarlo, vendicare la sua sete di giustizia e sublimarne il dolore.
Django viene paragonato a Sigfrido per rendere il personaggio portavoce di una vicenda universale. Django non è solo uno schiavo che cerca di salvare la propria donna, è un uomo che combatte per la libertà, l’angelo vendicatore che, come deus ex machina della Storia, viene mandato sulla Terra a punire i colpevoli e vendicare gli innocenti.

La fortissima comunicazione che si crea con il pubblico è dovuta all’abilità di Tarantino nella costruzione di personaggi, come Django, capaci di suscitare una fortissima empatia nei momenti drammatici, i bellissimi primi piani raccontano, attraverso gli occhi di fuoco del protagonista, tutta la forza della rivolta e il disprezzo contro l’abominevole torto che è stato fatto all’umanità con il razzismo, come qualcosa che brucia ancora, che - non perché trascorso - può dirsi sopito nella coscienza.
Il regista, attraverso il suo personaggio e la carneficina a colpi di fuoco e sangue (che, già in Bastardi senza gloria, aveva eliminato Hitler e il baldacchino dei nazisti), prende in mano il coltello di una vendetta giusta. Non si può punire o risarcire nessuno per il male realmente avvenuto nella Storia ma, attraverso un’opera cinematografica efficace e degna di lode, si può imprimerne ulteriormente il ricordo nella memoria collettiva.


Titolo originale:
Id.
Regia: Quentin Tarantino
Interpreti: Jamie Foxx, Christoph Waltz, Leonardo DiCaprio, Kerry Washington, Walton Goggins, Don Johnson, Samuel L. Jackson, Bruce Dern, James Russo, James Remar, Amber Tamblyn, Nichole Galicia, Laura Cayouette, Jonah Hill
Origine: Usa 2012
Distribuzione: Warner Bros. Pictures Italia
Durata: 165'

(In foto Jamie Foxx/Django e Christoph Waltz/Dottor Schultz in un particolare del manifesto del film)


Gisella Rotiroti


Autore
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