Rebibbia: detenuto tenta il suicidio, ma viene salvato dal compagno di cella disabile
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ROMA, 16 NOVEMBRE 2013 - Storia di detenuti costretti a vivere in carceri fatiscenti ed in condizioni degradanti, dove l’irrinunciabile desiderio di libertà e vita si intreccia spesso con la disperazione e la morte. Non per niente la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha condannato l’Italia per il suo sistema penitenziario disumano.[MORE]
Così tra le mura del carcere di Rebibbia due atti a loro modo di estremo coraggio hanno lanciato un nuovo segnale di allarme. Un carcerato, infatti, ha tentato di togliersi la vita impiccandosi tra le sbarre, ma è stato soccorso e salvato dal suo compagno di cella, un disabile costretto alla sedie a rotelle, che gettandosi a terra lo ha sostenuto e continuato a far respirare fino all’arrivo dei soccorsi.
La notizia dell’accaduto è stata data dal Garante dei Detenuti del Lazio, Angiolo Marroni, che ha reso noto come il detenuto disabile abbia ricevuto un encomio dalla direzione della stessa struttura carceraria.
Ma tant’è che la sostanza della questione non cambia. Lo stato di emergenza in cui versano le carceri italiane, che come una spia lampeggiante tornano secondo l’occasione ad essere tema discusso e rispolverato dalla politica italiana, è tale da imporre ben altre urgenze e soluzioni.
Tra l'altro nel caso specifico era stato il Garante Marroni a denunciare una situazione insostenibile proprio nel reparto G 11 di Rebibbia Nuovo Complesso, luogo dell’episodio suddetto. «Nei giorni scorsi il Garante aveva acceso i riflettori sulla difficile situazione sanitaria e logistica del G11 – si legge nel comunicato ufficiale – inviando una lettera al capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Giovanni Tamburino con allegate le denunce firmate da dieci detenuti. Nella sua lettera – si continua a leggere – il garante denunciava la circostanza che il piano terra del reparto fosse utilizzato come Centro Clinico senza averne le caratteristiche tecniche e strutturali e senza la presenza di personale medico e paramedico adeguato. I problemi sono cominciati quando con i lavori di ristrutturazione del Centro Clinico di Regina Coeli, parte dei detenuti malati lì ricoverati sono stati trasferiti a Rebibbia e qui, per ospitarli, è stato adattato a Centro Clinico il piano terra del G 11».
Insomma, come reciterebbe il vecchio adagio “piove sul bagnato” all’interno di strutture che rappresentano probabilmente soltanto la parte visibile di un sistema penitenziario e giudiziario che, al di là di facili proclami politici, dovrebbe essere davvero ripensato all’interno di soluzioni rieducative ed umane ben diverse.
(Immagine da ilmessaggero.it)
Giovanni Maria Elia