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ROMA, 29 LUGLIO 2011 – Per la quarantottesima volta dall'inizio della legislatura, il Governo pone la fiducia per l'approvazione di un provvedimento legislativo. Questa volta è toccato al disegno di legge che contiene le norme ribattezzate come “processo lungo”, approvato questa mattina dal Senato con 160 voti a favore, 139 contrari e nessun astenuto.[MORE]
Il testo approvato questa mattina modifica alcuni articoli del codice di procedura penale, attraverso un emendamento al disegno di legge 2567, presentato dalla senatrice leghista Carolina Lussana, che tratta della “Inapplicabilità del giudizio abbreviato ai delitti puniti con la pena dell’ergastolo”. Si prevede, all'interno del processo, la possibilità che la difesa porti davanti al giudice «le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e l’interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell’accusa e l’acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore».
Stando a quanto dichiara l'Associazione Nazionale Magistrati in una nota, con questo provvedimento si elimina «la possibilità per il giudice di escludere l'ammissione di prove manifestamente superflue o irrilevanti». Il giudice, infatti, sarebbe costretto ad accettare liste praticamente interminabili di testimoni e prove, non potendole rifiutare, tranne nel caso in cui tali prove siano – recita il testo del provvedimento - «vietate dalla legge» oppure «manifestamente non pertinenti». Il rischio che si corre, secondo quanto rilevano i magistrati, è che si allunghino a dismisura i tempi dei processi arrivando facilmente alla prescrizione senza che sia stata accertata la colpevolezza o l'innocenza dell'imputato.
Inoltre – tranne nel caso di reati di mafia e terrorismo – le sentenze passate in giudicato non possono essere utilizzate come prove all'interno del processo che si sta celebrando. Si esclude, poi, la possibilità per un condannato all'ergastolo di chiedere, mediante il giudizio abbreviato, una diminuzione della pena attraverso la sua sostituzione con una condanna minore, così come prevede, attualmente, l'articolo 442 del codice di procedura penale. Le norme contenute nel provvedimento si applicano anche ai processi in corso per i quali non è ancora stato emesso il giudizio di primo grado. Tutti gli altri processi in corso ne sono, invece, esclusi.
L'approvazione con fiducia del provvedimento ha scatenato le reazioni non solo dell'opposizione, che lo ha definito l'ennesima “legge ad personam”, perché potrebbe essere utilizzato dai legali del presidente del Consiglio all'interno dei processi Mills e Ruby, ma anche dall'Associazione Nazionale Magistrati. «Processo lungo – sostiene Luca Palamara, presidente dell'Anm, in un comunicato - significa non arrivare mai a sentenza. Questo provvedimento è dettato dall'esigenza di risolvere situazioni particolari e non porta ad alcun miglioramento dell'efficienza del processo». Critiche al provvedimento sono arrivate anche da Michele Vietti, Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, il quale ha dichiarato che la norma va “nella direzione opposta all'Europa”.
Durissime le parole di accusa espresse in aula dalla senatrice del Partito Democratico, Anna Finocchiaro. «Credo che quando sfilerete sotto quel banco per dire il vostro sì – ha dichiarato la senatrice - sentirete sul collo il piede del padrone, dentro di voi qualcosa ribollirà. Sarebbe il tempo – ha aggiunto - dei liberi e forti e non dubito che molti di voi sarebbero in grado di esserlo e di esprimere la loro natura di liberi e forti e di dare all'Italia la prova che questo governo è capace di badare ad altro che a un premier braccato che si chiude nelle sue stanze».
Il testo passa ora alla Camera per l'approvazione definitiva.
Serena Casu