Peppino Impastato: vivo esempio di lotta alla mafia
Cronaca Sicilia

Peppino Impastato: vivo esempio di lotta alla mafia

giovedì 9 maggio, 2013

CINISI (PALERMO), 9 MAGGIO 2013 - Giuseppe Impastato, detto Peppino, nasce a Cinisi, provincia di Palermo, il 5 gennaio 1948 da Felicia Bartolotta e Luigi Impastato. Nasce in un contesto familiare che è fortemente legato agli ambienti mafiosi locali. Suo zio era Cesare Manzella, un capomafia che sul traffico di droga aveva costruito il proprio potere e che verrà ucciso in un agguato nel 1963. Il padre di Peppino, inoltre, frequentava amicizie “importanti” come Tano Badalamenti, che di Cosa Nostra era diventato il numero uno e la cui casa, come è noto, distava da quella Impastato soltanto cento passi.[MORE]

Peppino frequenta il Liceo Classico di Partinico ed è proprio in quegli anni che nasce la sua passione per la politica. Come egli stesso scrive nel suo memoriale «arrivai alla politica nel lontano novembre del ’65, su basi puramente emozionali: a partire cioè da una mia esigenza di reagire ad una condizione familiare ormai divenuta insostenibile». Si avvicina così al PSIUP (Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria) «con la rabbia e la disperazione di chi, al tempo stesso, vuole rompere tutto e cerca protezione».

Assieme ad altri ragazzi, nel 1965, fonda il giornalino “L’Idea socialista” che, dopo alcuni numeri, verrà sequestrato. Dal 1968 milita nei gruppi di Nuova Sinistra. La contestazione studentesca dilaga in tutta l’Italia e Peppino, assieme ai suoi “compagni”, conduce le lotte dei contadini locali che si ritrovano espropriati dei loro terreni a causa della costruzione della terza pista dell’aeroporto di Palermo. Quest’ultimo, infatti, ricade in territorio di Cinisi, e su di esso la mafia nutriva forti interessi economici. Nell’estate del ’73 Peppino si avvicina a “Lotta Continua”, senza mai lesinare impegno per le dinamiche politiche e sociali del proprio paese. È così che nel 1975 diede vita, assieme ad altri ragazzi, al Circolo “Musica e Cultura”. Qui attraverso attività teatrali, cineforum, dibattiti, il circolo tentava di operare un cambiamento culturale in un paese dove Peppino e compagni erano visti come delle vere e proprie pecore nere.

Ma le idee del giovane Peppino non si fermavano, anzi partorivano nuovi importanti strumenti di resistenza politica e di partecipazione cittadina. Nell’aprile del 1977 nasce, infatti, “Radio Aut”, una radio libera e autofinanziata che, se all’inizio si propone come luogo di ascolto di tutte le istanze disagiate presenti nel territorio locale, come i precari, i braccianti, i disoccupati o lavoratori in nero, diventa col passare del tempo un importante luogo di denuncia. Attraverso il programma “Onda Pazza” Peppino ed i suoi amici riuscivano a prendersi gioco di tutti quegli esponenti mafiosi e politici che, con i loro misfatti ed accordi sottobanco, continuavano indisturbati ad aumentare illecitamente i propri guadagni nel territorio tra Cinisi e Terrasini.

È il 1978 quando Peppino decise di candidarsi, con una lista dal nome “Democrazia Proletaria”, alle elezioni comunali del proprio paese. Una candidatura evidentemente fin troppo scomoda per gli interessi mafiosi di Tano Badalamenti, o “Tano seduto” come beffardamente era soprannominato da Peppino, che decise di porre fine alla vita del giovane Impastato. Nella notte tra l’8 e il 9 maggio dello stesso anno, in piena campagna elettorale, Peppino Impastato, all’età di 30 anni, veniva prima barbaramente ucciso in un casolare di campagna e poi, al fine di fare sembrare la sua morte un attentato terroristico consumato da lui stesso, veniva fatto saltare in aria con una carica di tritolo sui binari della linea ferroviaria Palermo-Trapani.

La mattina del 9 maggio 1978, data che s’intreccia con il ritrovamento a Roma del corpo di Aldo Moro, la morte di Peppino Impastato viene  diffusa da stampa e magistratura come un attentato terroristico nel quale lo stesso attentatore era rimasto vittima. Sono i compagni di Peppino però a non arrendersi a tale falsità e a denunciare con veemenza la reale versione dell’accaduto: “Peppino Impastato è stato ucciso dalla mafia”, come recitava uno dei manifesti affissi nelle città di Cinisi e Palermo. Il giorno del funerale sono circa mille le persone presenti nella città di Cinisi, provenienti per lo più dal capoluogo siciliano e dai paesi limitrofi.

Grazie, innanzitutto, all’impegno del fratello Giovanni e della madre Felicia, dei compagni di militanza e del Centro siciliano di documentazione di Palermo, che dal 1980 è per altro intitolato proprio a Giuseppe Impastato, vengono raccolte testimonianze e valide documentazioni utili a far riaprire l’inchiesta giudiziaria riguardante la morte di Peppino e a far riconoscere la matrice mafiosa dello stesso delitto.

In realtà è soltanto l’inizio di una battaglia giudiziaria dai tempi incredibilmente lunghi, andata avanti a forza di esposti e di petizioni popolari, di chiusure e riaperture del caso. Se difatti nel 1984 l’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo, sulla precedente indicazione del Consigliere Istruttore Rocco Chinnici, assassinato dalla mafia nel luglio dell’83, emetteva una sentenza in cui veniva riconosciuta la matrice mafiosa del delitto pur attribuendola ad ignoti, nel 1988, lo stesso Tribunale di Palermo, decise l’archiviazione del “caso Impastato”, riconoscendo sì la matrice mafiosa ma escludendo la possibilità di individuare i colpevoli e i relativi mandanti.

La svolta nelle indagini avviene nel 1996 quando in seguito alle dichiarazioni del pentito mafioso Salvo Palazzolo, il boss Badalamenti viene riconosciuto come il mandante dell’omicidio assieme al suo vice Vito Palazzolo: l’inchiesta non solo è finalmente riaperta ma batte adesso una strada ben precisa.
Nel novembre del 1997 viene emesso l’ordine di cattura per Badalamenti in quanto incriminato come mandante del delitto. Bisognerà comunque aspettare il 5 marzo del 2001 per la condanna a trent’anni di carcere a Vito Palazzolo da parte della Corte d’assise di Palermo, e l’11 aprile 2002 per la condanna all’ergastolo a Gaetano Badalamenti che tra l’altro, nel carcere americano di Devens nel Massachusetts, scontava già 45 anni di reclusione per traffico internazionale di droga tra Usa e Sicilia.

Oggi la memoria di Peppino Impastato è fortemente radicata nel territorio siciliano, soprattutto tra i giovani. Tante le associazioni anti-mafia nate in virtù del suo esempio e che 365 giorni all’anno lavorano costantemente per inculcare nelle menti delle nuove generazioni cosa significa essere liberi dalle schiavitù mafiosa. Ogni anno tra l’8 e il 9 maggio proprio le strade di Cinisi, dove Peppino ha lottato assieme ai suoi compagni contro lo sprezzante potere dei mafiosi, diventano importante luogo di manifestazioni commemorative, rendendo ancora vivo l’esempio di un giovane siciliano morto per amore verso la propria terra.  Per i giovani siciliani “Peppino è vivo e lotta insieme a noi!”.

(Immagine da raistoria.rai.it)

Giovanni Maria Elia

 


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