Libia: A Tripoli scoppia la Guerra Civile, ma il regime del rais va avanti!
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TRIPOLI - 21 FEBBRAIO 2011- Violenti scontri fra manifestanti e forze dell’ordine, nonchè tensione elevatissima dopo il discorso del figlio di Gheddafi che promette riforme ma minaccia: "Fermatevi o sarà guerra civile", attanagliano la Libia, ora in fiamme nel settimo giorno dall'inizio della rivolta contro il governo. Neppure Tripoli è stata risparmiata: nella capitale i manifestanti hanno dato fuoco alla Sede Centrale del Governo e ad altre sedi istituzionali e saccheggiato la sede della tv di Stato, mentre altri edifici, fra cui il Palazzo del Popolo sono stati dati alle fiamme.[MORE] Il bilancio delle vittime stimato da Human Rights Watch sarebbe arrivato a quota 250, ma quello ufficioso parla di quasi trecento morti a Bengasi, caduta in mano ai rivoltosi, insieme a Sirte e ad altre città. Intanto, mentre diverse unità dell'esercito solidarizzano con la protesta,ed i leader islamici sostengono che la rivolta sia un dovere divino di ciascuno, si diffondono voci su un golpe militare. Sempre più insistenti inoltre le voci circa una fuga di Gheddafi in Venezuela, anche se da Caracas e da Bruxelles continuano a smentire. E mentre l’Onu e l'Unione Europea chiedono stop dell'uso della forza, Frattini teme la guerra civile, appurando che il Paese versa dalla scorsa notte in un vero e proprio stato di caos, il regime di Gheddafi non accenna a fermarsi.
Secondo Al Jazeera le forze aeree avrebbero bombardato la folla a Tripoli causando 250 morti e creando massima allerta in tutte le basi aeree italiane.
Esodo da parte di tutti gli stranieri, in particolare del personale delle società petrolifere come Shell, Bp, Statoil e Eni, che continuano ad imbarcare su charter i dipendenti non operativi con le famiglie, oltre a Finmeccanica e altre aziende italiane.
“La situazione in Libia e' in evoluzione ma l'Italia e' pronta con un piano nazionale di garanzie a tutela dei nostri concittadini”. Lo ha appena affermato il ministro degli Esteri Italiano, precisando che “sono già stati disposti rientri in patria di una parte del personale non strettamente necessario di grandi aziende come Eni e Finmeccanica. In caso di necessità, sarà possibile utilizzare corridoi umanitari per eventuali assistenze mediche urgenti, ove occorresse".