L'ecoMUOStro s'ha da fare. Gli interessi in ballo
Cronaca Sicilia

L'ecoMUOStro s'ha da fare. Gli interessi in ballo

domenica 3 giugno, 2012

NISCEMI (CALTANISSETTA), 3 GIUGNO 2012 - Il progetto italiano del Muos (ieri abbiamo visto nello specifico di cosa si tratta) nasce nel 2001, quando l'allora governo Berlusconi firma un trattato bilaterale con gli Stati Uniti poi ratificato ufficialmente nel 2006, sotto il secondo mandato di Romano Prodi a Palazzo Chigi. Unica condizione posta dagli italiani, la nostra partecipazione al business americano attraverso il gruppo Finmeccanica.
Fino a quella data, la base prescelta per l'installazione delle antenne era quella di Sigonella.

La firma sull'opera, già costata oltre sei miliardi di dollari ed in ritardo di almeno tre anni (cosa di cui, per una volta, non bisogna lamentarsi), verrà messa dalla Lockheed Martin, colosso dell'ingegneria aerospaziale con sede nel Maryland e principale contractor statunitense in campo militare a cui è stata affidata la vendita dei caccia bombardieri d'attacco Joint Strike Fighter F-35, programma costatoci già circa tre miliardi di euro su un totale di dieci o quindici, a seconda del conteggio su novanta o 131 velivoli da acquistare.

La progettazione e la realizzazione di quasi tutti i componenti sono affidate alla californiana Lockheed Martin Space System mentre l'installazione ed il collegamento tra le quattro parti è affidata alla General Dynamics C4 System di Scottsdale, Arizona. La Boeing Defence Space and Security si occuperà invece di mettere in funzione il sistema e di controllarne la compatibilità. La rete dei riflettori sarà invece fornita dalla Harris Corporation, con sede a Melbourne, Florida.[MORE]

Dal lato italiano, il piano per il Muos a Niscemi arriva nel 2007 sul tavolo dell'assessore regionale per il territorio e l'ambiente, che all'epoca era la niscemese Rossana Interlandi del Movimento per le Autonomie, ex consigliere di amministrazione dell'Università di Catania nota anche per la lunga militanza nell'associazione siciliana del WWF.
A dispetto del curriculum e del fortissimo impatto ambientale dell'opera, si ritenne che non fosse necessario apporre il veto alla realizzazione del Muos in una riserva naturale. Dall'ufficio dell'assessorato il documento arriva al Comune solo nel 2008, dopo essere rimasto inspiegabilmente secretato in quegli uffici per un anno e quattro mesi (il comando dell'Aeronautica militare italiana stanziato a Sigonella infatti invia il documento all'assessore alla fine di gennaio 2007, al Comune quel documento – insieme a quello che prevedeva il piano anti-erosione ed antincendio nell'area prescelta – ci arriva solo nell'aprile 2008). Già qui ci sarebbero gli estremi per chiedere come mai un documento così importante dati gli alti costi economici, ambientali e sociali – non per forza in questo ordine – rimanga chiuso in un cassetto per oltre un anno.

Il 9 settembre, comunque, l'assessorato convoca la riunione della Conferenza di Servizi, che dava l'ok all'unanimità per l'inizio dei lavori, in realtà già iniziati dagli americani ancor prima che la decisione fosse presa.

A svolgere i lavori è il Consorzio Team Muos Niscemi, con sede nel vicentino, che vede come capofila la Gemmo S.p.A., operante nell'installazione elettronica e nella costruzione di impianti civili e militari (aeroporti, porti, strade, etc...) che, con il consorzio Team Bos Sigonella - dove opera in partnership con l'americana Del-Jen Inc. e la La.Ra. srl Catania - opera nelle basi americane di Sigonella, Agusta, Niscemi e Pachino per «l'esecuzione, la supervisione, il trasporto di armamenti, materiali ed attrezzature, la gestione dei servizi ambientali e il controllo delle sostanze nocive, la raccolta e il riciclaggio dei rifiuti». A realizzare gli scavi al di fuori del perimetro militare e la conseguente installazione di tre monotubi da 50 millimetri in una fossa di dimensioni 10x30x35 centimetri è stata un'altra delle aziende di fiducia del Dipartimento della Difesa americano per la gestione di servizi all'interno delle basi americane italiane: la Telecom S.p.A., che vede tra i suoi amministratori l'ingegnere Elio Catania, che tra le altre cose è anche vicepresidente del Consiglio per le Relazioni fra Italia e Stati Uniti (CRISU), di cui presidente attualmente è Sergio Marchionne, amministratore delegato del gruppo Fiat. Co-presidente onorario, come è possibile leggere sul sito dell'organizzazione, Marco Tronchetti Provera, Presidente ed amministratore delegato della Pirelli.

Nel consorzio che si occuperà dei lavori del Muos c'è anche la Lavori Generali Costruzioni (La.Ge.Co.) di Catania, società che lavora principalmente proprio per il Dipartimento della Difesa americana, dal quale tra il 200 ed il 2007 ha ricevuto commesse per oltre 6 milioni di dollari.
La Gemmo S.p.A., inoltre, nel 2008 finanzia il Movimento per le Autonomie di Raffaele Lombardo con 15.000 euro. Lo stesso Lombardo, che all'epoca era anche tesoriere del partito, passò da una posizione fortemente contraria all'installazione al suo contrario, diventando uno dei promoter principali del Muos. Il presidente della Regione si sarà basato anche sullo studio da lui commissionato al Dipartimento di ingegneria elettronica e delle telecomunicazioni dell'Università di Palermo, che avrebbe accertato come il Muos non sia nocivo per la salute dell'uomo.

C'è, però, un piccolo quanto fondamentale dettaglio: la facoltà di ingegneria dell'Ateneo palermitano è infatti destinataria da almeno quattro anni di due contratti da 70.000 euro in tutto per la “produzione elettro-chimica di materiali nanostrutturati per applicazioni di conversione energetica” firmati insieme al Laboratorio di Ricerca dell'Us Army-Dipartimento della Difesa e, come se non bastasse, la professoressa Patrizia Livreri – uno dei due ingegneri “indipendenti” a cui sono stati affidati gli studi – oltre ad essersi candidata con l'Unione di Centro alle elezioni regionali del 2008 «ha svolto attività di ricerca per conto di aziende del gruppo Finmeccanica operanti nel settore della difesa e della produzione di apparati di contromisura elettronica», come evidenzia Massimo Coraddu, consulente esterno del dipartimento di Energetica del Politecnico di Torino che, insieme a Massimo Zucchetti (professore ordinario di Impianti Nucleari al Politecnico e research affiliate del Massachusetts Institute of Technology) si è occupato dei “contro-studi” sul Muos ed ex ricercatore dell'Istituto nazionale di fisica nucleare. Stesso discorso vale, peraltro, anche per il Dipartimento di ingegneria elettrica, elettronica e dei sistemi dell'Università di Catania, che nel 2001, nel 2002 e nel 2005 ha sottoscritto tre contratti per non meglio specificati “progetti di ricerca” con il Pentagono per 118.750 dollari.

E poi c'è lei, l'immancabile. La prima azienda dello Stato italiano: Mafia S.p.A. «Abbiamo subito in passato attentati incendiari ad autovetture, escavatori e betoniere. Mio padre, addirittura, si è rifiutato di pagare un pizzo di 170 mila euro ed ha denunciato cinque estortori di un clan malavitoso catanese che sono stati arrestati. E ciò nonostante, siamo abbandonati da tutte le associazioni di categoria locali, provinciali e regionali. Abbiamo così deciso di uscire allo scoperto proprio perché non abbiamo nulla da temere e di dire basta alle accuse diffamanti. Abbiamo sporto cinque querele verso coloro che ci hanno diffamato e senza mai che questi abbiano indicato circostanze specifiche di una presunta nostra vicinanza ad ambienti mafiosi». A parlare così, sulle pagine del quotidiano La Sicilia, è Francesco Piazza, figlio di Vincenzo che è il titolare della “Piazza Calcestruzzi s.r.l.”, ditta che si è occupata – in subappalto dalla La.Ge.Co. ed in aggiramento dei protocolli istituzionali in tema di legalità e opere pubbliche - degli sbancamenti e delle piattaforme di cemento armato su cui poggiare le basi delle mega-antenne del Muos.

Le operazioni antimafia Atlantide-Mercurio del gennaio 2009 volta a definire gli interessi della famiglia mafiosa dei Madonia tra Gela e Niscemi e Triskelion del febbraio 2010 hanno però evidenziato i rapporti di Piazza con alcuni esponenti di cosa nostra (con la minuscola, come invitava a scrivere pochi giorni fa Alessandro Amato su dipalermo.it), in particolare Antonino Tramontana e Giancarlo Giugno, appartenenti ambedue alla famiglia mafiosa ennese di Pietraperzia, clan con ramificazioni in Lombardia e Belgio. Tali rapporti sono stati evidenziati peraltro da una interrogazione parlamentare del senatore del Partito Democratico Giuseppe Lumia fatta lo scorso febbraio ai ministri della Difesa e dell'Interno e che seguiva di pochi mesi la sospensione della “Piazza Calcestruzzi” dall'Albo delle imprese di fiducia del Comune niscemese a seguito di verifiche fatte dalla Prefettura di Caltanissetta.

Né gli alti vertici militari americani né quelli italiani – Dipartimento della Difesa americano ed ambasciata americana a Roma – hanno però tenuto conto di questa “chiacchierata” frequentazione. Il comune di Niscemi, è bene ricordarlo, è stato sciolto per mafia il 18 luglio 1992 – ventiquattro ore prima della strage di via D'Amelio – ed il 27 aprile 2004.

[2 - Segue]
(foto: byebyeunclesam.wordpress.com)
Andrea Intonti


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