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CITTÀ DEL MESSICO (MESSICO), 18 AGOSTO 2012 - Tre attacchi in tre settimane. È quanto ha dovuto subire il giornale El Norte di Monterrey, facente parte del gruppo Reforma. L'ultimo episodio in ordine di tempo è avvenuto lo scorso 29 luglio, quando tre uomini armati con indosso maschere da sci hanno incendiato il palazzo che ospita la redazione del giornale. Gli altri due erano stati registrati entrambi il 10 luglio, quando a poche ore di distanza sono stati colpiti due differenti edifici del giornale con fucili d'assalto e granate. Con quello del 29 luglio sono in tutto sei gli attentati subiti dal giornale negli ultimi due anni.
Il giorno dopo è toccato alla compagnia Dipsa – che distribuisce tra le altre anche il settimanale Proceso - il cui palazzo è stato dato alle fiamme. Il gruppo, scriveva Patrick Corcoran su insightcrime.org lo scorso 6 agosto, ha una importanza vitale essendo l'unico distributore locale di giornali. Su un muro interno dell'edificio, evidenzia l'articolo, gli inquirenti hanno trovato le scritte “S” e “TER” delle quali rimane però ancora sconosciuto il significato.
Troppi galli nel pollaio. Che oggi il giornalismo in Messico sia, non certo per scelta propria, una delle parti in causa della guerra scatenata dai cartelli della droga lo dicono i numeri, come quelli della Commissione nazionale sui Diritti Umani che parla di 81 giornalisti uccisi e 14 scomparsi dal 2000 o degli innumerevoli attacchi alle sedi dei giornali che per questo decidono di dedicarsi ad altro, arrivando a forme di totale auto-censura verso le informazioni che riguardano la criminalità organizzata, come capitato con El Mañana. [MORE]
Oltre agli attacchi alla stampa – che per quanto riguarda l'ex braccio militare del Cártel del Golfo rientrano in una più ampia politica di immagine (criminale) – un altro episodio eloquente in tal senso è accaduto il 13 maggio, quando Jesús Elizondo Ramírez, detto “El Loco”, leader Zetas a Cadereyta, nello stato di Nuevo León, ha disobbedito agli ordini di Miguel Ángel Treviño Morales detto “Z-40” e da qualche mese ribattezzato “il nuovo Giuda”. Elizondo Ramírez, arrestato pochi giorni dopo, ha raccontato ai militari di aver ricevuto ordini dai due leader dei Los Zetas (oltre a Treviño Morales, il gruppo è guidato dall'unico dei fondatori ancora in vita, Heriberto Lazcano Lazcano detto “El Lazca” o “Z-3”) per abbandonare i 49 corpi mutilati – appartenenti a sei donne e 43 uomini – nella piazza principale di Cadereyta, ma di avervi disobbedito conscio delle conseguenze che questo atto avrebbe rappresentato per lui.
A due giorni dal massacro, l'organizzazione ha tappezzato alcune città del nordest del paese di narcomantas – gli striscioni posti solitamente sui ponti stradali con i quali i cartelli comunicano tra loro – nei quali negano ogni coinvolgimento nella vicenda.
Negli ultimi tempi alla già aggressiva campagna di censura dei cartelli all'informazione messicana, va ad aggiungersi un ulteriore motivo: la scissione interna al cartello dei Los Zetas.
Di possibili scissioni all'interno dell'organizzazione si parla ormai da qualche mese, ed i narcomantas utilizzati sembrano essere più che eloquenti. In più di un caso, infatti, sono stati registrati messaggi firmati a nome Arturo Guzmán Decena, detto “Z-1”, fondatore dei Los Zetas ucciso in uno scontro a fuoco nel 2002, nei quali viene chiesto a Lazcano se alcuni arresti ed omicidi di appartenenti all'organizzazione siano casuali o frutto di un vero e proprio tradimento da parte del suo gruppo.
Ma il vero “Giuda” del gruppo è Miguel Ángel Treviño Morales. O almeno questa è la tesi portata avanti da una serie di video che avvertono Lazcano sullo scarso senso di lealtà di cui sarebbe dotato Treviño, accusato di essersi alleato con i federali al fine di diventare il leader unico dell'organizzazione.
Secondo quanto sostengono vari organi di informazione, il gruppo facente riferimento a Lazcano si starebbe invece alleando con un gruppo di scontenti del Cártel del Golfo per formare un nuovo cartello. Entrambi i gruppi, allo stato attuale delle cose, sono egemoni nella zona nordest del Messico.
Durante il primo week end di agosto, comunque, l'organizzazione ha fatto sapere attraverso altri narcomantas che niente di quanto detto dagli organi di informazione corrisponde a verità.
Vera o meno che sia la scissione, l'unica certezza è che i prossimi mesi vedranno l'ennesimo bagno di sangue.
Quarto potere intimidito. Per dimostrare che il gruppo non si sta scindendo ed anzi è più attivo ed aggressivo che mai – come scritto in uno dei messaggi lasciati nelle scorse settimane – la violenza è aumentata nelle zone dove è più forte lo scontro tra i Los Zetas ed il Cártel del Golfo, con un aumento di sette volte il numero di omicidi tra il 2009 ed il 2011 e raccoglie parere praticamente unanime l'allarme sul più che probabile bagno di sangue che la scissione porterà nei prossimi mesi.
La stampa, così come è stato fino ad ora, non ne sarà tenuta fuori.
«Perché i Los Zetas hanno deciso di intraprendere una campagna di aggressione sistematica contro i mezzi di comunicazione?» scriveva Eduardo Guerrero Gutiérrez lo scorso 3 agosto su Reforma (nel link l'articolo ripreso dal settimanale Proceso). L'autore individua tre elementi che potrebbero infliggere un duro colpo all'organizzazione: «indebolire la percezione pubblica dei Los Zetas come gruppo unito e potente; esacerbare la reputazione del gruppo armato incline alla violenza estrema ed indiscriminata (aspetto utilizzato abilmente dal Cártel del Golfo) e rivelare le connessioni che mantiene con le reti esterne di funzionari governativi» necessaria a quelle attività illecite come le estorsioni, i sequestri o il furto di combustibile o di targhe automobilistiche che costituiscono una parte sostanziale dei proventi illeciti dell'organizzazione.
Il controllo aggressivo degli organi di informazione, inoltre, in un più ampio progetto descritto da George W. Grayson e Samuel Logan ne “El verdugo de hombres” (“Il boia di uomini”) per la creazione di uno Stato di totale impunità per i cartelli, in un Messico in cui da tempo si denunciano connivenze tra cartelli, politica e forze dell'ordine. «Questa sovranità divisa» - scrivono i due analisti - «già esiste in regioni come Tierra Caliente o nel Triangolo Dorato (Chihuahua-Sinaloa-Durango), a Michoacàn, Guerrero, Chiapas e Oaxaca così come nel settore nord del paese come a Ciudad Juárez, Matamoros, Reynosa e Nueva Laredo».
(foto: proceso.com.mx)
Andrea Intonti [http://senorbabylon.blogspot.it/]