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VERONA, 18 GIUGNO 2013- Flavio Tosi dice no allo “ius soli”. Per il sindaco leghista di Verona la proposta di revocare il permesso di soggiorno, per esempio ai genitori che perdono il lavoro e che hanno figli nati in Italia, potrebbe avere effetti controproducenti. Ma Tosi non è l'unico ad esprimersi sulla questione.[MORE]
“Sono sindaco da sei anni, ho la delega all’immigrazione, parlo con molti stranieri ma nessuno ha mai posto problemi riguardo alla cittadinanza. Le priorità per gli immigrati sono altre: avere un lavoro stabile, assicurare ai figli una buona condizione e un’integrazione che, poi, avviene anche senza avere subito la cittadinanza” ha detto il primo cittadino scaligero. “La normativa italiana contempla che lo straniero per qualche motivo possa essere rimpatriato. Quindi se lo ius soli entrasse nell’ordinamento italiano, come negli Usa e in Francia, potrebbe accadere che i figli di immigrati nati in Italia ottenendo subito la cittadinanza potrebbero avere più tutele dei loro stessi genitori. Una situazione ipotetica, ma paradossale. C’è il rischio che riconoscere subito come italiana i figli degli stranieri nati qui diventi uno strumento per allargare indiscriminatamente la cittadinanza”.
Di diverso avviso risulta invece Luca Zaia, governatore del Veneto, che apre all’ipotesi dello ius soli. “Sollevo il tema dei bambini che sono nati qui e vanno a scuola qui, sui quali un ragionamento al di là dello ius soli debba essere fatto anche perché spesso parlano il dialetto quasi meglio di me. Sono bambini che in molti casi hanno identità veneta e non quella del paese d’origine della loro famiglia, cosa che è accaduta spesso ai nostri immigrati” ha detto Zaia. Che però aggiunge: “Sono contrario al tema ius soli coram populo, cioè perché semplicemente una persona varca i confini sia italiana. Credo sia sacrosanta la battaglia che per essere cittadini sia necessario conoscere almeno la nostra lingua, essere coscienti della nostra storia e della nostra identità”.
Le affermazioni dei due leader leghisti veneti arrivano in un momento in cui il tema è particolarmente caldo. La questione ha interessato anche Il Corriere della Sera, dopo che il prof. Giovanni Sartori ha visto un suo articolo sullo ius soli e il ministro Kyenge finire come spalla e non come editoriale. Sembra una semplice polemica interna, invece investe direttamente il quotidiano e la sua posizione. Sartori infatti ha visto il gesto come un diniego, come una non condivisione con la posizione espressa nell’articolo. “Se mi avessero detto che lo avrebbero pubblicato in quel modo, avrei ritirato l’articolo. Al Corriere si sono comportati in modo scorretto e offensivo, mi hanno fatto una cosa che mi ha indignato senza nemmeno dirmelo. E’ un articolo molto educato sul tema dell’integrazione, un problema che un’oculista come il ministro non conosce per niente. La Kyenge non è un’intoccabile”. La critica scoppia all’indomani delle dichiarazioni della ministro che, scrive Sartori, “ha scoperto che il nostro è un Paese meticcio. Se Lo Stato italiano le dà i soldi, si compri un dizionarietto e scoprirà che meticcio significa persona nata da genitori di etnie diverse”. Questo, dice Sartori, può valere per il Brasile, ma non certo per l’Italia. Una posizione dura quella del prof., che dice: “Chiederò spiegazioni. Gli accordi sono chiari: o i miei articoli li mettono come editoriali o io li ritiro”.
Federica Sterza
Foto www.frontierenews.it