Il fumo nuoce non solo alla salute ma anche all'occupazione.
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COSENZA, 12 DICEMBRE - È legittimo il licenziamento di un dipendente di un’azienda operativa nel settore della produzione di mobili che, incurante non solo del divieto di fumo ma anche dei materiali infiammabili presenti nello stabilimento aziendale, è stato scoperto con una sigaretta accesa. Evidente la grave situazione di pericolo creata. Ciò è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sezione Lavoro, sentenza n. 23862/2016, depositata il 23 novembre. [MORE]
Il caso. Un dipendente di un’azienda operativa nel settore della produzione di mobili veniva colto nella flagranza di fumare una sigaretta, all’interno dello stabilimento aziendale, durante una pausa e, pertanto, veniva licenziato dal datore di lavoro. Il dipendente impugnava il licenziamento adducendo tra l’altro la presunta tolleranza mostrata dal datore di lavoro rispetto a un’abitudine condivisa da diversi dipendenti. Tale circostanza veniva ritenuta irrilevante tanto dal Giudice di prime cure che da quelli di seconde cure.
Il dipendente decideva di proporre ricorso per Cassazione.
Gli Ermellini ritenevano legittimo il licenziamento. Secondo l’azienda, il comportamento del dipendente, già verificatosi in passato, doveva ritenersi gravissimo, soprattutto perché, con la sua condotta, il lavoratore aveva provocato “una situazione di pericolo”, essendosi acceso una ‘bionda’ all’interno dello stabilimento, incurante della presenza di “materiali infiammabili, quali legno e solventi”. Altresì, aveva sottolineato che il lavoratore aveva volutamente ignorato i “visibili segnali di divieto di fumare”. A tutto ciò, il lavoratore obiettava, ma invano.
Il drastico provvedimento adottato dall’azienda veniva confermato definitivamente dalla Suprema Corte, secondo la quale il comportamento tenuto dall’uomo all’interno dello stabilimento, come da contratto, poteva prevedere, come sanzione, il “licenziamento”. A parere degli Ermellini, la scelta di “fumare” poteva provocare “pregiudizio all’incolumità delle persone o alla sicurezza degli impianti e dei materiali” e non poteva essere messo in discussione il fatto che era stata messa in pericolo “la sicurezza dell’ambiente di lavoro”. Nessuna rilevanza poteva avere il richiamo avanzato dal lavoratore in merito alla “diffusione del fumo tra i lavoratori dello stabilimento” né alla presunta “tolleranza” mostrata dall’azienda.
Avvocato Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express