Crisi di Governo: L'Italia di nuovo sull'orlo del precipizio?
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MILANO, 29 SETTEMBRE 2013 – A poco è servito il coro unanime e trasversale da parte del mondo economico che, da settimane, invoca – per il bene dell’Italia – «la cosa più importante», ovverosia: la stabilità politica. Ultima voce, in ordine di tempo, il Fondo monetario internazionale che - nell'Article Iv sull'Italia, pubblicato lo scorso 27 settembre – ha puntualizzato: «Il governo di Enrico Letta mantiene l'appoggio del parlamento, ma le tensioni all'interno della coalizione sono evidenti e rappresentano un rischio all'outlook economico». Parole che oggi suonano anacronistiche.
Infatti, ieri sera - con una nota - Silvio Berlusconi ha aperto la crisi di governo (che ormai era nell’aria dallo scorso 1° agosto, quando i giudici della sezione feriale della Cassazione si sono espressi sul processo Mediaset, confermando la condanna a 4 anni di reclusione con rinvio alla Corte d’Appello di Milano): «La decisione assunta ieri dal Presidente del Consiglio dei Ministri Enrico Letta, di congelare l'attività di governo, determinando in questo modo l'aumento dell'Iva è una grave violazione dei patti su cui si fonda questo governo, contraddice il programma presentato alle Camere dallo stesso Premier e ci costringerebbe a violare gli impegni presi con i nostri elettori durante la campagna elettorale e al momento in cui votammo la fiducia a questo esecutivo da noi fortemente voluto. Per queste ragioni - conclude Berlusconi - l'ultimatum lanciato dal Premier e dal Partito Democratico agli alleati di governo sulla pelle degli italiani, appare irricevibile e inaccettabile. Pertanto ho invitato la delegazione del Popolo della Libertà al governo a valutare l'opportunità di presentare immediatamente le proprie dimissioni per non rendersi complici, e per non rendere complice il Popolo della Libertà, di una ulteriore odiosa vessazione imposta dalla sinistra agli italiani».
Un duro colpo alla tanta agognata e auspicata stabilità politica, che – a dire il vero – non si è mai raggiunta in tutti questi mesi. La domanda a questo punto è: cosa succederà da ora in poi? Quali sono gli scenari possibili che la crisi apre? Davvero la crisi in corso farà sprofondare ancora più in fondo – visto che i più importanti osservatori economici hanno evidenziato che «i dati economici italiani non sono buoni» - nella spirale della recessione e tutti gli effetti collaterali annessi? Rischiamo il ritorno della Troika? Come reagiranno i mercati finanziari e lo spread?
Quest’ultima domanda forse è quella più semplice a cui si può cercare di dare una risposta, visto che - nell’ultima seduta di venerdì – lo spauracchio di quanto poi è accaduto si è già fatto sentire: lo spread è tornato sopra 260 punti base e Piazza Affari è stata maglia nera in Europa, chiudendo a -1,27%. Quindi, non ci sorprenderà domani – già alle prime battute – Piazza Affari subito in profondo rosso e l’impennata dello spread.
A tal riguardo, sono arrivate le rassicurazioni del ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, in un’intervista al Sole 24 Ore: «I mercati terranno conto di tanti aspetti, compresa la congiuntura economica in chiaro miglioramento. I mercati sanno che il risanamento dei nostri conti pubblici è stato fatto. In questi mesi, pur con molta volatilità, ce lo hanno anche riconosciuto e io mi auguro che da lunedì questa fiducia venga confermata», puntualizzando che «l’incertezza legata all’instabilità del governo è stata già in gran parte scontata nelle settimane passate».
Per Saccomanni: «Questa non è una crisi al buio dal punto di vista dei conti pubblici e dei provvedimenti di stabilità finanziaria. Il pacchetto della manovrina di fine anno era pronto. Abbiamo già i testi dei decreti e stiamo già impostando la legge di stabilità. La scelta di rinviare è stata determinata dall’incertezza politica. Non era opportuno approvare una serie di impegni di quell’importanza se poi non c’era un chiaro sostegno da parte della maggioranza». Inoltre, secondo il ministro: «La legge di stabilità è un atto obbligatorio. Non ci si può esimere da questo. Un governo la farà. Aspettiamo di vedere l’evolversi del quadro politico, ma non c’è nessuna ragione per cui non la possa fare questo governo anche, eventualmente, da dimissionario».
Sull’aumento dell’Iva, ufficialmente – ma non ufficiosamente – rea di essere stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso di Pandora, Saccomanni ha evidenziato: «Ho visto alcune reazioni molto preoccupate. Non enfatizziamo un impatto che poi è molto limitato. Non mi sembra una tragedia. Certamente è peggio questa crisi politica. Tuttavia, in Consiglio avevo portato il rinvio dell’Iva con le relative coperture. Il problema è che oggi non ci sono coperture indolori. Benzina, acconti, tagli di spesa: le forze politiche devono essere consapevoli che vanno fatte delle scelte e devono assumersene la responsabilità».
Allo stesso tempo, sulla crisi si è pronunciato Stefano Fassina, viceministro dell'Economia, il quale si è detto certo che il «Parlamento possa trovare un'altra maggioranza. Un altro giro di elezioni con l'attuale legge elettorale ci restituirebbe un Parlamento impallato e questo succederebbe con 200-300 punti di spread in più rispetto ad oggi e con la Troika a fare la legge di stabilità al posto nostro. Temo che sia uno scenario abbastanza realistico che dobbiamo fare di tutto per evitare».
Appunto, uno scenario che occorre scongiurare. Infatti, anche se molti economisti affermano che lo spread sia un indicatore sovrastimato e un po’ “canna al vento” alla mercé degli speculatori e agenzie di rating varie, con l’approssimarsi dell’Italia di nuovo sull’”orlo del precipizio” come titolava una vecchia copertina de “The Economist”, aggiungendo – all’interno di un articolo: «Se l’Italia dovesse pagare a lungo alti tassi di interesse sui titoli di Stato, il suo debito entrerà in una spirale incontrollata». Ed è ciò che accadrebbe se lo spread riprendesse a salire. Nonostante sia inconfutabile che siamo lontani dai numeri drammatici e dai picchi negativi del novembre 2011, l’economia italiana è ancora alle prese con una lunga e dolorosa malattia, anche se si cominciavano a vedere dei timidi segnali di ripresa.
Ed ora? Può la flebile Italia permettersi una nuova ricaduta, mandando all’aria tutte le riforme da fare, gl’impegni presi, con la disoccupazione a livelli storici? In una lucida analisi costi-benefici della Crisi di governo, costerebbe di meno – in termini di lacrime e sangue – un atto di responsabilità da parte di tutti gli schieramenti politici e protagonisti vari.
(Fonte: Ansa. Foto: The Economist)
Rosy Merola [MORE]