Caivano, il padre di Fortuna: "Voglio la verità e una giustizia implacabile come l'ho vissuta io"
Cronaca Campania

Caivano, il padre di Fortuna: "Voglio la verità e una giustizia implacabile come l'ho vissuta io"

sabato 30 aprile, 2016

CAIVANO (NA), 30 APRILE 2016 - Pietro Loffredo, il padre della piccola Fortuna, la bimba  di sei anni trovata agonizzante il 24 giugno 2014 nel cortile delle case popolari Parco Verde a Caivano, in provincia di Napoli, appresa la notizia dei sospetti degli inquirenti sull'uomo, accusato di aver presumibilmente abusato ed ucciso sua figlia, invoca una "giustizia implacabile".

Loffredo, condannato a 10 anni di carcere per contrabbando di sigarette e vendita di cd illegali, intervistato dal Corriere della Sera, avrebbe dichiarato quanto segue: "Voglio che i giudici accertino se l'assassino ha fatto tutto da solo, e io non credo affatto che sia così, se c'è stato chi lo ha aiutato o lo ha coperto. E perché ha ucciso Fortuna". 

Nel lungo sfogo, Loffredo chiede alla magistratura di essere implacabile nei confronti di chi avrebbe "commesso un delitto mille volte più grave" dei reati di cui lui si sarebbe macchiato in passato. Si sarebbe anche lasciato andare ad un duro affondo sullo Stato italiano, in quanto avrebbe scontato "fino all'ultimo giorno di pena" facendo il giro delle carceri d'Italia: "Con me lo Stato non ha voluto sentire ragioni, mai". [MORE]

Il padre della piccola Fortuna si sarebbe soffermato anche sul perché sia stato necessario molto tempo per individuare il presunto autore dell'efferata uccisione della sua bambina, dato che in quel palazzo, in "circostanze misteriose, era già morto un altro bambino. Lo sapevamo tutti che lì c'era l'inferno", avrebbe dichiarato.

Loffredo, sembra porre l'accento sul movente dell'omicidio e formula la sua personale ipotesi: "Continuo a chiedermi se Fortuna non sia stata uccisa, perché magari ha minacciato di raccontare a suo padre, tutto quello che aveva subito". "La cosa più assurda - sottolinea e conclude Loffredo - è che, a quel tempo, quando mia figlia è volata giù dall'ottavo piano di quel palazzo, io in carcere non dovevo esserci. Avevo diritto a sconti di pena che o non sono stati calcolati, o sono stati considerati in ritardo". 

Luigi Cacciatori

Immagine da corrieredelmezzogiorno.it


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